La rarefazione delle particelle virali. L’effetto benefico dei raggi ultravioletti del sole. Le temperature più alte. Sono questi tre i fattori che abbassano in modo significativo i rischi di infezione da coronavirus stando all’aria aperta. La sintesi arriva dalle parole di Sylvie Briand, direttore del Dipartimento dei rischi infettivi dell’Organizzazione mondiale della Sanità: «Caldo e vita all’aria aperta possono limitare i contagi». Ottima notizia, ma attenzione al verbo utilizzato: limitare. Non è sinonimo di azzerare.
RISCHI CONTAGIO ALL’ARIA APERTA
Dunque, per quanto siano limitati i rischi di contagio del SARS-CoV-2 all’aria aperta comunque esistono e sono stati anche statisticamente rilevati. In Cina hanno esaminato una per una 7.300 persone travolte dal contagio e hanno scoperto che soltanto una era stata colpita dal coronavirus all’aria aperta. Che cosa aveva fatto? Una lunga conversazione con un amico non osservando alcuna precauzione di sicurezza. Né la distanza, né la mascherina.
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RISCHI DI CONTRARRE IL CORONAVIRUS ALL’ARIA APERTA
Per azzerare i rischi basta semplicemente essere scrupolosi in 6 cose, sapendo che, in materia di coronavirus, stiamo tutti meglio all’aria aperta rispetto che al chiuso, ma comunque una persona contagiosa, con un solo starnuto può mettere in circolazione 200 milioni di particelle virali, le famose goccioline di saliva (“droplet”).
A distanza di sicurezza. La precauzione più importante resta quella di una distanza di sicurezza che ci mette al riparo da qualsiasi rischio: un metro. Nello spazio dei famosi 60 centimetri le goccioline, infatti, rimangono in sospensione nell’aria solo per alcuni secondi durante i quali vengono enormemente diluite e poi cadono a terra, si disperdono e perdono la loro carica vitale. Non sono più in grado di infettarci.
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Oltre un metro, la mascherina. Se non siamo in grado di avere la distanza corretta di un metro, o se vogliamo conversare con una persona magari avvicinandoci un tantino in più al suo viso e al suo sguardo, dobbiamo semplicemente indossare la mascherina. Basta e avanza. Né dobbiamo avere paranoie inutili quando incrociamo qualcuno che svolge attività fisica in un parco, dalla ginnastica alla passeggiata in bici: il semplice incrociarsi, anche a distanza ravvicinata, per qualche secondo, non espone ad alcun rischio.
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Lavarsi le mani. Altra precauzione fondamentale, che va seguita alla lettera senza se e senza ma. Quando andiamo all’aria aperta, è bene lavarsi le mani al momento di uscire e al momento del rientro a casa. L’acqua e il sapone restano nemici giurati del coronavirus. La stessa cosa dobbiamo tenerla presente quando mangiamo all’aria aperta, in un ristorante, in un bar o in una tavola calda. Qui dobbiamo scegliere solo locali che rispettano le norme di sicurezza, fare attenzione ai rapporti con i nostri compagni di tavolo, scegliere familiari e amici stretti con i quali abbiamo già convissuto durante la quarantena, e lavarci le mani appena entriamo nel locale.
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Niente scambi. Anche all’aria aperta, evitate comunque scambi di cibo, di oggetti e di bevande. Avete presente la famosa frase che si pronuncia a tavola quando si mangiano insieme piatti diversi? Recita così: «Mi fai assaggiare?». Per il momento, e fino a indicazioni contrarie, dovete semplicemente cancellarla dal vostro dizionario.
Attenzioni alle superfici. Le goccioline si disperdono, si depotenziano, non hanno più carica virale. E non fanno danni. Possono ancora restare, ma molto rarefatte, sulle superfici di acciaio e plastica. Quanto tempo? Anche fino a tre giorni. Ma la contromisura è a portata di mani: basta lavarsi le mani e ancora una volta il rischio è azzerato.
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Non preoccupatevi del vento. Qualcuno immagina, in modo del tutto infondato, che il vento, con le sue folate, possa essere un pericoloso veicolo di trasmissione del coronavirus. Non è così. Semmai, è vero il contrario: il vento disperde le goccioline, ne riduce la concentrazione e ancora una volta, grazie all’aria aperta, la carica virale dei “droplet” si abbassa fino a un livello pari a zero.
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