Ci voleva la tragedia di un crollo, quello del Ponte Morandi, e una serie di allarmi, come il viadotto venuto giù tra la Toscana e la Liguria, per cercare di avere almeno una mappa dei rischi che corriamo durante un viaggio in auto e quando siamo a contatto con un’opera pubblica. Un universo dove per anni è stata ignorata la parola-chiave per la sicurezza: manutenzione.
RISCHI RETE STRADALE ITALIA
Questa mappa, però, è del tutto incompleta e inaffidabile. Da qui uno spreco di dati, con indicazioni incomplete e poco affidabili. Nel settembre del 2018 è stato istituito, per legge, l’Ainop, Archivio nazionale delle Opere pubbliche, a cura del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Se andate sul sito, scoprite la grande enfasi con la quale viene presentato questo strumento di mappatura: «Ainop è una rivoluzione in termini di gestione delle opere pubbliche. Sicurezza e risparmio con il monitoraggio continuo e la programmazione degli interventi».
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RISCHI STRADE E PONTI
Parole, parole, parole. In teoria dentro il maxi-archivio ci dovrebbe essere tutto, con ciascuna opera (le sezioni sono nove: ponti, viadotti e cavalcavia stradali: ponti, viadotti e cavalcavia ferroviari; strade, ferrovie e aeroporti; dighe e acquedotti; gallerie stradali e ferroviarie; porti e infrastrutture portuali; edilizia pubblica) ben classificata e fotografata, con i relativi interventi necessari di manutenzione ordinaria e straordinaria. In pratica le cose stanno in modo molto diverso.
Il maxi archivio dell’Ainop è poco più di una scatola vuota, che non serve a nulla e certo non ci fa sentire più sicuri. La società Autostrade per l’Italia (Aspi), la più esposta dopo il crollo del Ponte Morandi, ha caricato in due anni 4.500 opere delle propria rete. Ma i dati, come riconosce la stessa società, sono incompleti e saranno definitivi, e quindi utilizzabili, soltanto nel 2021.
SICUREZZA PONTI E STRADE
L’Anas ha fatto peggio, molto peggio. Eppure si tratta di una società che di fatto dipende dal ministero. Ha inserito nel maxi-archivio meno della metà delle opere che gestisce e non ha dato alcun dettaglio sulle condizioni strutturali e su eventuali segnalazioni di degrado. Anche urgenti. Altri concessionari privati della rete autostradale nazionale sono stai più furbi e spregiudicati: hanno caricato nell’archivio del ministero foto e schede anagrafiche di alcune opere. Con quale funzione? Nessuna di pubblica utilità.
E infine regioni e province che pure hanno una bella fetta del patrimonio delle opere pubbliche da monitorare secondo la legge: silenzio tombale. Hanno alzato il dito solo per dire che non hanno risorse e personale per procedere all’archiviazione e al caricamento delle opere nell’archivio Ainop.
I dati caricati sulla piattaforma Ainop in modo così maldestro ed evasivo dovrebbero servire poi all’attività di Ansfisa, l’agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e della rete stradale e autostradale. Altro sito (dal quale sappiamo solo che esiste un direttore, l’ingegnere Fabio Croccolo, nominato nel gennaio del 2020), altra scatola vuota nata con la stessa legge dell’Ainop del 2018. Due anni fa. A questo punto possiamo considerare Ainop e Ansfisa due delle tante, inutili e sprecate opere pubbliche all’italiana.
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