Tutto avviene attorno a un fiume, nel cuore della foresta dell’Amazzonia ecuadoriana. Uno spreco enorme di risorse ambientali che ha stravolto un territorio, distrutto un equilibrio economico e sociale, inquinando il bacino del fiume Villano e degli alberi che lo circondano. Solo per lasciare campo libero alle estrazioni petrolifere.
ROSA ARANDA CUJI
A fronteggiare questa inarrestabile avanzata è rimasta soltanto l’associazione Sumak Kawsay, attorno alla quale si sono raccolte 150 famiglie di quattro villaggi kichwa, piazzati alle porte dell’Amazzonia, sulla soglia di un territorio di 200mila ettari di foresta attraversati dal fiume Villano e di fatto finiti sotto il controllo del gruppo petrolifero Pluspetrol. E alla testa dell’associazione c’è una donna, l’attivista per l’ambiente Rosa Aranda Cuji, 41 anni, nativa di Piwiri, in Ecuador, segretaria contabile.
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ACQUA INQUINATA IN AMAZZONIA
La battaglia di Rosa e delle famiglie mobilitate con lei è innanzitutto sull’acqua. Le estrazioni hanno avvelenato il fiume con danni enormi per la popolazione, anche dal punto di vista economico. Gli abitanti che vivono attorno al fiume Villano ormai mangiano pesci inquinati, la papaya è estinta e la yucca ha i funghi. «Questo non è sviluppo, ma distruzione. Non significa utilizzare le risorse ambientali, ma sprecarle» protesta Rosa. Tutta la vita della popolazione residente in questa zona dell’Amazzonia gravita attorno al fiume, e i medici hanno riscontrato che l’80 per cento ha problemi alla pelle, legati proprio all’inquinamento ambientale. E purtroppo l’industria petrolifera è stata abilissima nel dare un’alternativa solida alle povere attività agricole dell’Amazzonia. Aiutata anche da un clima di violenza che mette a rischio la vita di attiviste come Rosa, più volte minacciata.
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Fonte immagine: Agenda Propia
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