SCADENZA PAGAMENTO TASI 2014: TUTTI GLI SPRECHI – Ci vorranno settimane o mesi, e speriamo che bastino, per mettere un punto e a capo nella telenovela della Tasi, la nuova imposta immobiliare che debutta quest’anno nel peggiore dei modi. Ma già oggi, mentre si continuano a promettere semplificazioni e riduzioni di burocrazia e carte, oltre che di spese fiscali per le famiglie, la Tasi ha conquistato un record di impopolarità. Prima ancora di essere pagata, infatti, è riuscita a condensare tre sprechi, enormi nella loro portata, che sarà difficile recuperare in tempi brevi.
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Primo spreco: tempo e soldi. Proviamo soltanto a ricapitolare che cosa ancora non è chiaro, dopo mesi e mesi di riunioni, provvedimenti, burocrazia, politica e professionisti al lavoro nella fabbrica del caos fiscale. A un mese esatto dalla scadenza prevista per la prima rata, il 16 giugno, nell’ordine e sicuramente dimenticando qualcosa, non sappiamo, quanto, quando e come si pagherà la Tasi, la distribuzione della tassa tra gli inquilini e i proprietari, le possibili detrazioni. Se lo Stato ha sprecato tanto tempo e tante risorse per un provvedimento, uno solo, completamente avvolto nella nube dell’incertezza, per il contribuente è andata ancora peggio. Ha dovuto incalzare il suo consulente, anche lui vittima del caos, con una serie di telefonate, di incontri e di richieste di chiarimenti: tutte senza risposta, se non la certezza che alla fine faranno prezzo, e dunque costo, nella spesa che il cittadino dovrà sostenere per l’assistenza fiscale. E senza una svolta, che al momento nessuno riesce anche solo ad immaginare, sarà sempre peggio. L’ufficio studi della Uil, infatti, ha già calcolato che, occhio e croce, avremo in Italia 7.500 tipi diversi di Tasi da pagare e intanto ogni giorno 80mila italiani fanno la fila agli uffici di consulenza fiscale della Cisl per capire qualcosa nella giungla di una tassa ormai incomprensibile. Eppure ci avevano promesso la semplificazione, o no? Tra lo Stato, che non può prevedere con certezza i suoi conti, e i contribuenti, che non possono fare un budget familiare (in questo periodo, per esempio, si programmano le vacanze estive e ognuno di noi vuole sapere che cosa deve accantonare per le tasse) ci sono i comuni che sono costretti a sospendere le spese essenziali per i servizi in attesa di avere una certezza sul gettito della Tasi. Perfino riparare una buca in una strada o piantare un albero, come la gestione del welfare locale, diventano voci con punti interrogativi, e dunque interventi rinviati. Forse sine die.
Secondo spreco: la credibilità. Qui non sono in gioco i soldi, ma un bene immateriale molto prezioso per chi deve governare la macchina pubblica. Il governo Letta è inciampato, in termini di consensi, proprio sul caos fiscale, su quel balletto, durato mesi, di tasse e di scadenze che apparivano e scomparivano come fantasmi. Il governo Renzi, ad oggi, si presenta con due sottosegretari, entrambi autorevoli, che dicono e propongono cose opposte sulla Tasi. Il primo, Enrico Zanetti (sottosegretario all’Economia), è da tempo favorevole a un rinvio del pagamento della prima rata; il secondo, Graziano Delrio (sottosegretario alla Presidenza del Consiglio), lo ha escluso dichiarandosi “nettamente contrario”. Domanda: può un governo avere due voci così dissonanti su una materia tanto delicata e dopo mesi di dibattiti e di analisi sul dossier Tasi? E quanto peserà nei successivi passi in materia fiscale una partenza così contrastata nel cuore dell’esecutivo? Sono domande che, appunto, mettono a rischio la stessa credibilità del governo nelle sue manovre di politica economica, e allargano il distacco, in termini di ostilità e di sfiducia, dei contribuenti con lo Stato (e gli enti locali) nella versione di incassatore dei tributi.
Terzo spreco: la crescita economica. Quella tra pressione fiscale incerta e ripresa del mercato immobiliare può sembrare una relazione solo laterale. Non è così. L’associazione delle banche italiane (Abi), nel dare gli ultimi risultati sull’andamento dei mutui in Italia, ha ricordato che tra le prime cause di raffreddamento della domanda di immobili c’è proprio l’incertezza fiscale, ovvero il fatto di non sapere ancora nulla di chiaro sulla Tasi. Un effetto catastrofico per un mercato già depresso, visto che le vendite di case lo scorso anno hanno toccato il minimo storico e sono scese ai livelli del 1985. Inutile aggiungere che la ripresa economica, e dunque la possibilità di una nuova crescita e di un nuovo ciclo di sviluppo, passano anche per un rilancio del settore immobiliare. Un settore doppiamente colpito: da un alto con l’aumento della tassazione ormai cronico da anni, dall’altro con l’incertezza del quantum che un potenziale compratore dovrà poi sborsare al fisco, ogni anno, una volta diventato proprietario di casa. A questo proposito, e solo per fare un esempio indicativo, continuiamo a sentire la seguente rassicurazione: in ogni caso la Tasi costerà meno dell’Imu. Sarà vero? Lo potremo scoprire solo alla fine della telenovela, perché al momento i numeri ballano. E tra un ballo e l’altro è stato calcolato che a Milano in media la Tasi, per un appartamento di 120 metri quadrati, sarà più cara dell’Imu per 130 euro. Nella confusione che regna sovrana non è una cifra di buon auspicio.
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