Il catalogo degli sprechi a Pompei è surreale. Restauri infiniti, cantieri sempre aperti, acquisti inutili, lavori demenziali.
Si passa da una biglietteria fantasma costata 2 milioni di euro e mai aperta, al restauro del Teatro Grande (spesa di 5 milioni di euro) utilizzato per una sola stagione artistica; dagli antiquarium con le saracinesche perennemente abbassate, nonostante anni di lavori milionari, ai prefabbricati ridotti a magazzini per scartoffie.
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Per non parlare delle fantasiose invenzioni dell’inutile, dalle archeoambulanze pagate 100 milioni di vecchie lire e mai servite a qualcosa alle biciclette per fantomatiche piste ciclabili a disposizioni dei visitatori.
Dicono che Pompei sta morendo la seconda volta perchè mancano i soldi per salvarla. Non è vero. E il catalogo degli sprechi lo dimostra in modo inconfutabile: ancora una volta, come spesso avviene nel Mezzogiorno quando si tratta di appalti pubblici, i soldi vengono spesi male e non lasciano traccia rispetto agli obiettivi per i quali sono stati stanziati.
Adesso dovrebbero arrivare i finanziamenti europei per i lavori di restauro degli scavi, ed è molto probabile che i fari di Bruxelles saranno puntati sui cantieri di Pompei per capire come procedono i lavori.
Speriamo che l’Europa ci costringa, una volta tanto, a fare ciò che nel Sud sembra impossibile: impiegare con ragionevolezza, efficacia e trasparenza il denaro pubblico e di non gettarlo nel pozzo nero degli sprechi. Da soli, finora, non ci siamo riusciti.
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