Coronavirus, scuole chiuse e difficoltà nella didattica a distanza: la crisi del diritto allo studio

L’Italia, a differenza di gran parte dei Paesi, ha deciso di far tornare i propri studenti in classe con l’inizio del prossimo anno scolastico. Un’assenza molto lunga, durante la quale si sono manifestati problemi molto gravi che contribuiscono alla piaga della dispersione scolastica

SCUOLA DURANTE IL CORONAVIRUS

In Italia le scuole di ogni ordine e grado rimarranno chiuse fino al prossimo settembre, quando riprenderà il nuovo anno scolastico. Una decisione, adottata per far fronte all’emergenza coronavirus, che priverà gli studenti della didattica in classe per ben 3 mesi, durante i quali hanno dovuto, e dovranno, continuare a seguire lezioni a distanza. Dal 10 marzo scorso (in Lombardia ed Emilia Romagna già da fine febbraio), le scuole si sono organizzate per garantire la continuità del programma attraverso l’insegnamento online che però ha incontrato enormi difficoltà, mettendo in contrapposizione due diritti fondamentali: alla salute e allo studio.

SCUOLA CORONAVIRUS

Rimanere lontani dai banchi, ad esempio, ha impedito alla scuola di svolgere il fondamentale compito di aiutare i ragazzi a socializzare. Un fattore particolarmente importante, soprattutto per i più giovani. Inoltre fenomeni allarmanti come la dispersione e l’abbandono scolastico rischiano di trovare terreno fertile tra le difficoltà dimostrate in questi mesi dalle scuole italiane. Pochissimi Istituti, infatti, sono riusciti a garantire un numero sufficiente di lezioni online, limitandosi semplicemente ad assegnare compiti da svolgere a casa, senza che professori e maestre avessero modo di spiegare gli argomenti agli studenti. E, ad aggravare la situazione, non tutte le famiglie sono riuscite a reperire computer o tablet necessari per consentire ai figli di portare avanti il percorso scolastico.

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RIAPERTURE SCUOLE CORONAVIRUS

Anche per queste difficoltà molti Paesi in giro per il mondo hanno deciso di riportare gli studenti tra i banchi, accettando un ragionevole rischio. Pericolo che il governo italiano ha deciso di non correre, preferendo lasciare la scuola come ultimo settore da riaprire. La condizione imposta dalla ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, è stata quella della “piena sicurezza”. Una garanzia che, evidentemente, il Ministero non è stato in grado di garantire prima della fine di questo anno scolastico, isolando l’Italia rispetto a gran parte dei nostri vicini europei. Ad esclusione della Spagna, quasi tutti gli altri Paesi del Vecchio Continente hanno predisposto protocolli precisi per consentire agli studenti di tornare in classe molto prima del prossimo settembre.

Il governo italiano ha preferito invece la prudenza per evitare, come è successo ad esempio in Francia, di dover richiudere le scuole a causa di nuovi focolai di infezione, dopo averle riaperte. Il rischio però è che si sia solo rimandato uno scenario che, in assenza di un vaccino, potrebbe comunque ripetersi il prossimo autunno con un’eventuale seconda ondata di contagi. Certo, ci sarà più tempo per sviluppare protocolli efficaci, con classi meno numerose grazie all’alternanza, e maggiori dispositivi di sicurezza, ma sarà comunque praticamente impossibile garantire la “piena sicurezza”.

SCUOLA DURANTE IL CORONAVIRUS

E intanto gli effetti collaterali della didattica a distanza cominciano a farsi sentire. Secondo i dati dalla Comunità di Sant’Egidio, raccolti su un campione nelle periferie romane, il 61% degli studenti non ha ancora fatto lezione online. Del restante, l’11% l’ha fatta una volta a settimana, il 49% due volte a settimana, il 28% tre volte a settimana, il 9% quattro volte a settimana, e solo il 2% cinque volte a settimana. Inoltre, dall’inizio della crisi del coronavirus, solo il 5% dei ragazzi intervistati ha ricevuto un device (pc o tablet) dalla scuola, e solo il 60% del campione intervistato ha avuto comunicazione in merito alla possibilità di richiederlo.

DISPERSIONE SCOLASTICA CORONAVIRUS

Questi elementi contribuiscono inevitabilmente alla dispersione scolastica, un fenomeno che in Italia era già molto preoccupante prima della crisi. Il tasso di ingiustificata e non autorizzata assenza di minorenni della scuola dell’obbligo nel nostro Paese è infatti tra i peggiori d’Europa con circa il 14,5%, a fronte di una media continentale del 10,6%. Numeri preoccupanti che la crisi non potrà che peggiorare, facendo aumentare le diseguaglianze sociali e culturali. Perché, come spesso accade, chi risentirà di più di questa tendenza saranno le famiglie più in difficoltà. Quelle famiglie in cui i device non sono abbastanza per tutti i figli, il bonus baby-sitter non è sufficiente, e le scuole che frequentano non sono in grado di garantire un servizio di qualità.

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