Le comunità sono dei cerchi concentrici. Si parte dalla propria famiglia di origine, e ci si allarga. I compagni della scuola, alcuni diventeranno amici di una vita. La nuova famiglia. L’ambiente di lavoro. Soltanto all’interno di questi spazi l’uomo di può realizzare in modo pieno, altrimenti rischia la solitudine, anche quando è adulato e richiesto dagli altri.
Sentirsi parte di una comunità. Non è un modo di dire, uno slogan. Si tratta di uno stile di vita, che scansa il delirio di onnipotenza delle persone che, consciamente o inconsciamente, ritengono di poter fare a meno degli altri.
Gli altri sono ossigeno. E invece gli altri sono come l’aria che respiriamo: ossigeno vitale. L’uomo diventa vecchio, appassisce, non quando si rassegna alle leggi anagrafiche, ma quando si impoverisce sul piano delle relazioni. Quello è il buio della notte che precede la morte, anche se il battito cardiaco può durare ancora molto a lungo.
La comunità è un punto di equilibrio. Significa essere capaci di fare compromessi, rispettare gli altri, riuscire a vederli e non avere lo sguardo schiacciato sul proprio ombelico. Nulla più della comunità insegna a vivere, a stare al mondo.
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