Ci sono sprechi che covano nel tempo, tra il silenzio e la finta indignazione, e si iscrivono nel lungo capitolo delle cose che in Italia servono, a tutti, e non si riescono mai a fare. È la triste agenda del non fare. Un paragrafo speciale di questo lungo repertorio di opportunità che sfumano, con danni a 360 gradi, è quello della realizzazione della Banda larga. Un ritardo già denunciato dall’Autorità per le telecomunicazioni e valutato, in termini di Pil, con un danno tra l’1 e l’1,5 per cento del prodotto interno lordo.
Praticamente, se avessimo la Banda larga gli obiettivi del governo in materia di debito pubblico sarebbero molto più a portata di mano, senza prevedere nuove tosature fiscali. Il ministro Corrado Passera, forte dei numeri di cui dispone, prova a stringere i tempi e sul suo tavolo di lavoro compare uno studio dell’Osservatorio su “I costi del non fare”, guidato dal professore Andrea Gilardoni dell’università Bocconi, dove lo spreco della mancata realizzazione della Banda larga è declinato sotto diversi punti di vista. Il danno, in termini di mancati servizi che si potrebbero sviluppare, è valutato nell’ordine degli 838 miliardi di euro, da oggi al 2030. Una cifra enorme che si spiega con il fatto che la Banda larga avrebbe un effetto di moltiplicatore in una serie di settori: servizi a favore delle industrie private e della pubblica amministrazione, e-commerce e telelavoro, sul quale l’Italia è particolarmente arretrata rispetto agli altri paesi dell’Unione europea. Gli esperti guidati da Gilardoni calcolano che ogni euro speso in un progetto strategico di questa portata ne rende almeno dieci. Ed è la prima perdita che l’Italia subisce. Poi ci sono gli effetti collaterali, più sentiti nel tessuto delle industrie italiane che reclamano, da anni, un miglioramento delle rete, oggi lenta e inefficace. L’11 per cento delle imprese del made in Italy, specie nel cuore pulsante dei distretti dove si gioca la grande partita delle esportazioni, non può avere nemmeno l’Adsl di livello base (cioè con una soglia minima di 2 megabit), e la percentuale sale al 22 per cento in regioni strategiche, per il nostro settore manifatturiero, come il Veneto.
Mentre il ritardo della Banda larga, e tutti gli investimenti che ne conseguono, mette in gioco anche il tema del futuro di Telecom, un’azienda impoverita dalla privatizzazione, c’è solo da augurarsi che il governo vada fino in fondo, una volta tanto, sul sentiero dello sviluppo e della crescita. E sulla Banda larga faccia una scelta definitiva, chiara e forte: metterla in campo come una priorità del sistema Italia senza più sommare studi e ricerche ormai fin troppo abbondanti. Auguri di buon lavoro, ministro Passera.
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