Sindrome di Rett: cause, diagnosi e cure

Una malattia genetica che colpisce specialmente le bambine. In cosa consistono le terapie multidisciplinari. L’esperimento della tele-riabilitazione

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La sindrome di Rett è una patologia neurologica dello sviluppo che interessa il sistema nervoso centrale e rappresenta la seconda causa di ritardo cognitivo delle bambine (infatti colpisce decisamente di più i soggetti di sesso femminile). Il numero di nuovi casi (incidenza) è pari a uno su 10.000/12.000 nati. 

Cause

La causa è genetica, e riguarda la mutazione dominante legata al cromosoma X. In particolare, nella maggior parte dei casi si verifica la mutazione del gene MECP2 (Methyl CpG-binding protein 2) localizzato sul cromosoma X. Il gene MECP2 contiene le informazioni (codifica) per la produzione di una proteina necessaria a un corretto sviluppo del cervello e la sua mutazione, quindi, impedisce il regolare sviluppo cerebrale. Nella maggior parte dei casi (99%) l’insorgenza della sindrome di Rett è sporadica, ovvero la mutazione genetica si verifica spontaneamente e non è presente nei genitori sani. Questo processo è noto come mutazione de novo. Recentemente è stato evidenziato che alcune varianti della sindrome di Rett sono causate da mutazioni a carico di altri due geni, chiamati CDKL5 e FOXG1.

Sintomi

Si manifestano tra i 6 e i 18 mesi di vita del bebè, che apparentemente presenta uno sviluppo normale, ma in realtà è rallentato. Con alcuni segnali piuttosto evidenti che appaiono in questa prima fase:

  • ipotonia
  • difficoltà nell’alimentazione
  • atipici movimenti ripetitivi delle mani o movimenti non coordinati degli arti
  • ritardo nello sviluppo del linguaggio
  • difficoltà nello stare seduti, nel gattonamento e nel cammino
  • mancanza di interesse nel gioco

La seconda fase inizia tra il primo e il quarto anno di vita e può durare dai due mesi a più di due anni. Il bambino manifesta gradualmente, o in modo improvviso, importanti problemi nel linguaggio e nella comunicazione, nella memoria, nell’uso delle mani, nella mobilità, nella coordinazione e nelle funzioni cerebrali.

Con alcuni sintomi, come questi:

  • difficoltà nell’uso intenzionale delle mani, i movimenti ripetitivi delle mani risultano spesso difficili da controllare e includono movimenti di torsione, lavaggio, battere o colpire
  • crisi di angoscia, irritabilità e talvolta urla apparentemente in assenza di motivi evidenti
  • ritiro sociale, perdita di interesse per le persone ed evitamento dello sguardo (contatto oculare)
  • instabilità e difficoltà nel camminare
  • disturbi del sonno
  • rallentamento nella crescita della testa
  • difficoltà nell’alimentazione, nella masticazione, nella deglutizione e talvolta costipazione che può causare dolori addominali

Successivamente, o durante questo periodo, il bambino può sperimentare periodi di respirazione rapida (iperventilazione) o respirazione lenta, incluse le apnee. L’aria può anche essere deglutita causando gonfiore addominale.

La terza fase, tra i 2 e i 10 anni, spesso può durare tanto tempo e molti  bambini rimangono in questo stadio per un lungo periodo della loro vita.

I bambini possono mostrarsi più interessati alle persone e all’ambiente e possono verificarsi progressi nella prontezza di riflessi, nelle capacità di attenzione e di comunicazione. La loro abilità nel camminare può migliorare (o possono iniziare a camminare, se non erano in grado di farlo precedentemente). Al contrario, tra i problemi che iniziano in questo stadio, sono inclusi:

  • crisi epilettiche, che possono diventare molto comuni
  • peggioramento delle problematiche di respirazione, ad esempio respirazione superficiale seguita da rapidi respiri profondi o apnee
  • digrignamento dei denti (bruxismo)
  • alcuni bambini possono sviluppare anomalie del ritmo cardiaco

Sempre in questa fase, può essere molto difficoltoso raggiungere e mantenere un giusto peso.

Infine, l’ultima fase, che può durare anni oppure decenni. Qui i sintomi diventano decisamente più gravi:

  • sviluppo di curve nella colonna vertebrale note come scoliosi
  • riduzione di forza muscolare e spasticità (anomala rigidità, particolarmente agli arti inferiori)
  • perdita della capacità di camminare

In genere, le abilità di comunicazione e di linguaggio e le funzioni cerebrali non vanno incontro a peggioramenti. Durante questa fase, i movimenti ripetitivi delle mani possono diminuire e, generalmente, si osserva un certo miglioramento del contatto oculare.

Diagnosi

Dopo l’esame clinico, che prende in considerazione i sintomi evidenziati, si passa a specifici esami di genetica molecolare tramite il prelievo di una piccola quantità (campione) di sangue. Tuttavia, la specifica mutazione genica non è presente in tutti gli individui affetti da sindrome di Rett, e la scoperta di una alterazione nel gene MECP2 può aiutare a confermare la diagnosi ma il mancato riscontro dell’anomalia genetica non esclude, necessariamente, la sindrome poiché potrebbe essere conseguente ad altre mutazioni genetiche.

Terapie

Purtroppo non esiste una cura specifica per la sindrome di Rett. L’unico approccio è quello multidisciplinare, con interventi riabilitativi molto complessi. Un progetto molto importante è stato avviato dall’Associazione italiana (Airett) che da più di 30 anni unisce i genitori dei bambini affetti dalla sindrome di Rett: si tratta di una tele-riabilitazione, che grazie a specifici strumenti di hardware e software, consente di monitorare le attività riabilitative e la risposta alle terapie. Nell’approccio multidisciplinare sono previsti:

Tra gli interventi che potrebbero essere indicati per la persona con sindrome di Rett sono inclusi:

  • interventi per il linguaggio e la comunicazione
  • terapie per le problematiche respiratorie e terapie anti-epilettiche
  • fisioterapia, con particolare attenzione alla posizione seduta (per minimizzare lo sviluppo di scoliosi) e frequenti cambi di postura
  • busti ortopedici, o interventi chirurgici, nei casi di scoliosi di grave entità
  • utilizzo di tutori nella parte inferiore della gamba (ortesi piede-caviglia) per camminare
  • utilizzo di ortesi (splint) per controllare i movimenti delle mani (vengono utilizzati per periodi limitati di tempo per prevenire auto-lesioni e incoraggiare attività con l’altra mano)
  • diete ipercaloriche per il controllo del peso, utilizzo di sondini o ausili per l’alimentazione
  • interventi per recuperare o mantenere lo sviluppo dell’autonomia nella vita quotidiana
  • terapie per i problemi cardiaci
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