Valutazione delle scuole: così la fanno in tutta Europa. Perché noi no?

In Francia 3mila ispettori al lavoro, In Inghilterra controlli ogni tre anni, in Spagna classifiche sul web. E ovunque gli insegnanti sono più pagati ed i migliori ricevono dei premi in base ai risultati.

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SISTEMI DI VALUTAZIONE SCOLASTICA IN EUROPA –

Una doppia anomalia: siamo gli unici in Europa a non avere un sistema integrato di valutazione delle scuole ed a pagare, di fatto, gli insegnanti solo sulla base dell’anzianità. Con il risultato di un basso livello di conoscenze degli studenti e di un alto tasso di frustrazione dei docenti. I modelli di valutazione più diffusi sono tre, e variano sulla base dell’autorità pubblica che ne risponde. In Inghilterra l’OFSTED (Office for standard in Education) è un organismo indipendente, che risale agli anni della regina Vittoria («dobbiamo pagare i maestri sulla base dei risultati» diceva Sua Maestà) e tuttora l’amministratore delegato dell’OFSTED risponde direttamente a Buckingham Palace. La macchina è gigantesca, con un budget annuale di 130 milioni di euro, tredici volte i 10 milioni a disposizione del nostro Invalsi, e con le 25mila sedi delle scuole del Regno Unito ispezionate almeno ogni tre anni. Gli ispettori inglesi si presentano all’improvviso, al massimo annunciandosi cinque giorni prima, e passano in rassegna tutti i risultati ottenuti dagli alunni, la qualità dell’insegnamento, materia per materia, e il rispetto dei target fissati per i dirigenti d’istituto. Al termine ogni scuola ottiene un voto, in una scala di quattro gradini (ottimo, buono, sufficiente e insufficiente), e i risultati vengono comunicati agli studenti, alle famiglie, e diffusi sul web. Questa pubblicità sulla valutazione delle scuole incide perfino sui valori del mercato immobiliare: le case vicine a scuole ottime, infatti, hanno un prezzo superiore. Per gli istituti insufficienti, invece, si passa alle contromisure, non esclusa la chiusura o l’accorpamento con altre scuole. Più spesso la scuola zoppicante è affidata a un tutor esterno che dovrà farla salire in graduatoria, e in generale il 60 per cento delle scuole inglesi bocciate riesce a migliorare con la successiva valutazione. Il caso più clamoroso è quello di Londra, dove fino a pochi anni fa solo 9 scuole raggiungevano il livello di buone, mentre adesso le statistiche dicono che i migliori istituti del paese sono concentrati proprio nella capitale.

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SISTEMA DI VALUTAZIONE SCOLASTICA INGLESE –

Il sistema francese è opposto a quello inglese, e la Diretion de l’évolution de la prospective et de la perfomance fa capo direttamente al ministero della Pubblica Istruzione. Sul campo sono sguinzagliati 3.000 ispettori (2.700 territoriali e 300 generali) che producono innanzitutto due rapporti generali annuali, uno sugli aspetti pedagogici e l’altro sulle questioni amministrative, pubblicati sia in versione cartacea sia sul web. Per i francesi l’istruzione è un asset vitale del sistema Paese, e i cittadini devono sapere come si spendono i 40 miliardi di euro destinanti al suo funzionamento (la stessa cifra stanziata in Italia). Le valutazioni delle singole scuole, invece, come quelle degli insegnanti e dei capi di istituto, sono considerate riservate, e vengono utilizzate per allineare le perfomance alla media generale (l’obiettivo è sempre di alzare il livello verso la parte alta della curva) e per gratificare gli insegnanti che lavorano meglio. Tra gli elementi che gli ispettori prendono in esame, in Francia c’è anche l’equità tra gli alunni. Ovvero, poiché il sistema scolastico è molto competitivo, i controlli devono certificare che le condizioni di partenza degli studenti siano uguali, e non si verifichino forme di discriminazione.

VALUTAZIONE SCOLASTICA IN SPAGNA E GERMANIA –

La Spagna, come la Germania, presenta una via di mezzo, con un organismo nazionale, l’Instituto de Evaluaciòn, e 1.500 ispettori regionali che dipendono dai provveditorati locali. Il mix  porta a una serie di diagnosi che toccano anche l’attività dei docenti, il giudizio sulla gestione dei presidi, e obiettivi di carattere generale. Per esempio, negli ultimi anni grazie alla valutazione gli spagnoli sono riusciti ad abbattere gli abbandoni scolastici che, specie nelle zone periferiche, presentavano percentuali troppo alte. E in ogni caso se una scuola viene bocciata dagli ispettori, dovrà ripetere l’esame entro un anno.

CRITERI DI VALUTAZIONE SCOLASTICA –

La valutazione scolastica in tutta Europa condiziona carriere e stipendi del corpo accademico. Nei tre paesi dei quali abbiamo raccontato i meccanismi di giudizio, un 20 per cento degli insegnati sono considerati “eccellenti” e come tali riconosciuti pubblicamente: diventano catedraticos in Spagna, agrégés in Francia, advances skills teachers nel Regno Unito. Rappresentano le eccellenze scolastiche dei rispettivi paesi, e per questo vengono premiati. Quanto ai soldi, l’Italia senza valutazione mortifica i suoi docenti con stipendi piatti e bassi. La parte fissa è non meno del 97 per cento e sale, ogni sei-sette anni, solo sulla base dell’anzianità di servizio, arrivando a un tetto di 39.000 euro lordi l’anno a fine carriera. In Inghilterra, Germania, Francia e Spagna, se invece un docente è riconosciuto bravo, il suo stipendio arriva già nei primi anni di insegnamento a 45.000 euro, con una parte variabile pari anche a un terzo del totale. La contropartita all’appiattimento verso il basso ottenuta dai sindacati sta negli organici molto più alti (11 studenti per insegnante in Italia; 19 in Francia e in Germania), nei continui trasferimenti di sede per avvicinarsi sempre più alla propria abitazione (il 22 per cento degli insegnanti cambia scuola ogni anno) e nella totale impunità se si decide di essere uno scansafatiche. «Abbiamo sempre provato a inserire nei contratti una parte variabile dello stipendio, ma alla fine ci siamo arresi. Per affrontare il muro dei sindacati serve una forte volontà politica, e tanta forza…» racconta il professore Gian Candido De Marin, presidente dell’Osservatorio della scuola della Luiss. Non a caso, tra le cose più contestate in questi giorni dai sindacati rispetto alla riforma proposta del governo Renzi c’è un tesoretto di 200 milioni di euro destinati al merito degli insegnanti. Secondo il governo dovrebbero essere distribuiti da un Comitato di valutazione, formato da due docenti e da due genitori della scuola; secondo il sindacato dovrebbero invece rientrare nei fondi stanziati per il contratto collettivo. Ovvero diventare una mancia per tutti, senza valutazione e senza spazio per il  merito.

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