Lo smog urbano non colpisce allo stesso modo dappertutto. Uno studio dell’Università di Birmingham, in Gran Bretagna, ha individuato con precisione scientifica, le zone dove i rischi collegati all’inquinamento urbano diventano più alti.
La prima è alle fermate di autobus e tram, dove si sosta, in piedi, o anche seduti dove ci sono panchine, in attesa dell’arrivo del mezzo pubblico. Il secondo luogo più esposto allo smog è il semaforo, all’altezza dell’attraversamento delle strisce pedonali: anche qui c’è da attendere, in questo caso che scatti il verde. Terza zona più a rischio: le piste ciclabili, che scorrono di fatto parallelamente alle strade trafficate da auto , moto e mezzi pubblici.
Gli studiosi hanno calcolato che i livelli di inquinamento, con i relativi danni, diminuiscono quando i pedoni si trovano a una distanza di almeno 1,5 metri dalle automobili, cosa che non avviene in nessuna delle tre zone considerate a maggiore rischio smog. Il paradosso, non certo piacevole per i cittadini, è che comunque si tratta di aree dove le persone tendono a radunarsi in modo più frequente, per ovvi motivi di mobilità.
Secondo il Ministero della Salute, ogni anno 30 mila decessi in Italia sono riconducibili al particolato fine (PM2.5), e dunque allo smog. Si calcola che l’inquinamento atmosferico accorci mediamente la vita di ciascun italiano di 10 mesi. Con il solo rispetto dei limiti di legge (che prevedono che non si oltrepassino i 50 microgrammi per metro cubo in media in una giornata) si potrebbero salvare 11 mila vite all’anno.
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