Poesie, storie e tortelloni per combattere la paura. Grazie a Emilia, 85enne bolognese doc

Grazie all'emergenza Coronavirus la signora Emilia ha ideato una forma inedita di "solidarietà condominiale": piccole poesie, frasi divertenti, racconti di vita vissuta lasciati sul pianerottolo. Per combattere la paura e creare nuovi legami, che diventano quasi nuove famiglie

solidarietà condominiale pandemia

Emilia ama leggere, scrivere, cucinare e cucire. Anzi, l’Emilia. Perché è bolognese da generazioni, nata e cresciuta a Chiesa Nuova, zona sempre più family-friendly, pieno di bambini e bambine, che ruota intorno alla vecchia parrocchia di San Silverio. Un quartiere pieno di verde, oggi residenziale, dove i genitori di Emilia si sono trasferiti dalla campagna emiliana per lavorare in città, in fonderia , trovando in quel quartiere così “rurale”, un modo per riuscire a non dimenticare da dove erano arrivati.

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SOLIDARIETÀ CONDOMINIALE PANDEMIA

Oggi l’Emilia, 85 anni compiuti il 30 maggio scorso, abita con un marito 90enne, il signor Giorgio, e un figlio, in un quartiere che lambisce i colli bolognesi, a un viale alberato di distanza dal santuario di San Luca, Porto-Saragozza, che placidamente domina dalla collina soprastante.

Il suo condominio è un tranquillo condominio della Bologna dei racconti, arrampicata su viali alberati e portici ombrosi,  tra palazzine liberty e palazzi signorili. Dieci appartamenti abitati da rezdore, nonnine solitamente cuoche provette, giovani coppie, lavoratori e lavoratrici fuorisede, studenti e famiglie con figli grandi. Nei giorni precedenti all’emergenza Coronavirus un condominio come tanti, che si svuota al mattino e si riempie al ritorno dal lavoro, nelle ore del tramonto. Improvvisamente, poi, la diffusione del Covid-19, il lockdown, lo smart-working: le trombe delle scale, i balconi, le case e le stanze si riempiono di rumori e voci, ma anche di paura. Emilia per prima, che soffre di aritmia e potrebbe essere un soggetto a rischio, inizia a temere l’ospedale, i ricoveri, di ammalarsi. Decide, così, di reagire, e lo fa con l’arma del sorriso e dell’ironia.

Scrive un bigliettino con una barzelletta, lo appoggia al tavolino del pianerottolo sul quale, solitamente, tiene delle piante, con la speranza di strappare una risata a chi sarebbe passato di lì. La prima a ridere, neanche a farlo apposta, è Concetta,giovane donna abruzzese dirimpettaia di Emilia, che fotografa quel foglio colorato scritto in corsivo e lo condivide, via Whatsapp, nel gruppo apposito di tutti gli inquilini. Un successo: la barzelletta diventa virale e Concetta chiede a Emilia di scrivere ogni giorno un pensiero, un racconto, qualsiasi cosa volesse raccontare.

Quel foglio colorato, ogni giorno, diventa un bollettino contro la paura, e fa sì che tutto il condominio si stringa in un abbraccio simbolico, una forma di resistenza all’isolamento e alla solitudine. L’Emilia, sarta da sempre e poetessa per hobby, non manca di appendere alla sua piantina il componimento del giorno: la Liberazione di Bologna il 21 aprile del 1944, ricette, barzellette, poesie, pensieri sulla Pasqua, sul 25 aprile, racconti della sua vita privata. Come la storia del giorno del suo matrimonio con Giorgio, amore di una vita, sposato il 2 ottobre 1960. Firmandoli con un nome evocativo: “la cacciatrice di sorrisi”.

Concetta si occupa di condividere i pensieri di Emilia attraverso i social, ogni domenica, con l’hashtag #iorestoacasaconunsorriso. Una sessantina di messaggi, l’ultimo datato 30 maggio, giorno del suo compleanno, intitolato “I miei primi 85 anni”.

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LA STORIA DI EMILIA BOLOGNA

Subito appare chiaro a tutti i condomini che i momenti condivisi insieme durante l’emergenza avevano rappresentato empatia, fratellanza, solidarietà, e che i rapporti stretti non sarebbero mai più cambiati. Emilia, e Concetta, erano diventate un po’ una seconda famiglia nei giorni difficili lontani da quelle biologiche: la Concetta ha persino iscritto l’Emilia a un concorso di poesia, passione a cui aveva rinunciato per via del matrimonio, del lavoro, dell’accudimento dei figli, del mandare avanti una casa e un bilancio familiare. Eppure Emilia da ragazza era una studentessa brillante, e non aveva mai rinunciato a raccontare storie, a scriverle sui fogli anche nelle pause tra un orlo e un’asola, china sulla macchina da cucire.Dal canto suo, con le abilità in cucina tipiche delle donne bolognesi,aveva riempito di attenzioni gastronomiche i cuori, e gli stomaci, degli altri inquilini: tortellini e tortelloni, i castagnacci e i cannoli, le raviole con l’alchermes per San Giuseppe, come da tradizione bolognese. Un giorno a Concetta era arrivato persino il caffè, fatto alla moka, con la cremina, come una coccola.

Anche se la situazione sembra pian piano tornare alla normalità, le due donne sembrano inseparabili: nessuna ha intenzione di rinunciare a questo rapporto speciale nato nei momenti bui e duri dell’emergenza, di smettere di bussarsi alla porta verso sera per parlare dei fatti del giorno, notizie o privati che siano. La storia di Emilia e della sua nuova famiglia allargataUna delle tante storie di vicinanza che sono il lato “buono” della pandemia.

(Immagine in evidenza tratta dal portale Redattore Sociale // Photocredits: Redattore Sociale)

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