Il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, studia i numeri della spesa pubblica e spiega ai suoi collaboratori come ci siano almeno 207 miliardi di euro di uscite da aggredire. Numeri da verificare perché nascondono sicuramente sprechi, e da riprogrammare per recuperare preziose risorse per i provvedimenti sulla crescita, per evitare l’aumento dell’Iva e confermare il taglio dell’Imu.
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Peccato però che nello stesso governo, sui tagli alla spesa pubblica, i ministri giochino a nascondere i numeri. E al momento soltanto due dicasteri, la Salute di Beatrice Lorenzin e la Difesa di Mario Mauro abbiano trasmesso in Parlamento la relazione con i conti sui quali intervenire con la spending review. Dagli altri silenzio assoluto, come se non esistesse una legge del 2007 che obbliga ciascun ministero a trasmettere alle Camere, entro e non oltre il 15 giugno, una relazione con le spese di propria competenza. E senza questa relazione non è possibile valutare i tagli necessari.
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Il presidente della Camera, Laura Boldrini, ha chiesto al ministro dei Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini, di sollecitare i ministeri a inviare carte e numeri. Una lunga e complessa trafila di solleciti, istanze, lettere, dietro la quale si nasconde un grave vuoto politico: sulla spesa ci dovrebbe essere il massimo di iniziativa e di efficacia da parte del governo e del Parlamento. E invece sembra che siamo finiti in un gioco al rimpiattino, una sorta di melina per allontanare la scadenza dei tagli. Tra l’altro la relazione delle spese dei ministeri dovrà poi andare nelle rispettive commissioni parlamentari per esaminare le singole voci e valutare le aree per i tagli. Speriamo che qualcuno si decida a fare presto: sui tagli della spesa non c’è più tempo da perdere.
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