SPRECHI SANITÀ CALABRIA –
Il ministro Beatrice Lorenzin non usa giri di parole. E annuncia: “La situazione della Sanità in Calabria è disperata”. Una bella scoperta, più o meno come quella dell’acqua calda. Di suo, il ministro aggiunge ennesime riunioni, sollecitazioni al ministero dell’Economia, improbabili disegni di legge, per cercare di capire come si esce dal caos degli ospedali e delle cliniche convenzionate in Calabria, nonostante e dopo sette anni di commissariamento.
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Il governatore della regione, Mario Oliverio, allineandosi alla linea delle grida manzoniane, proclama anche lui la sua scoperta per risolvere, con la bacchetta magica, il problema: ovvero aprire la sfasciata sanità pubblica calabrese ai privati, sempre calabresi.
LA MAPPA DEGLI SPRECHI –
Ma né la Lorenzin né Oliverio, nel frattempo, ci fanno sapere qualcosa sui seguenti sprechi che sono venuti fuori proprio nella giungla della Sanità calabrese. Primo spreco: sono stati assunti, ed immessi negli organici, soltanto nella provincia di Reggio Calabria, 800 medici per 350 posti letto. Se la matematica non è un’opinione, i numeri non tornano e parlare di clientelismo può risultare un eufemismo. Secondo spreco: per non farsi mancare nulla, gli amministratori della sanità calabrese, sotto la regia della regione e nel silenzio-assenso del ministero, hanno pensato bene di mettere a libro paga, tra gli amministrativi, ben 80 psicologi. L’ex pm Di Pietro direbbe: Che ci azzeccano? Nulla. Terzo spreco: il 53 per cento del personale ospedaliero della Asp di Reggio Calabria ha diritto di limitazione o esclusione dai turni. Beati loro, mentre qualche volenteroso collega si massacra di lavoro. Quarto spreco: la regione Calabria soltanto nel 2015 ha speso 300 milioni di euro per pagare prestazioni sanitarie fornite a cittadini calabresi emigrati in altri ospedali d’Italia. Giustamente, visto il quadro della sanità calabrese.
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