SPRECO ALIMENTARE IN AMERICA –
Per capire lo spreco alimentare in America bisogna partire dalle banane. Leggo sul New York Times che quasi nessun cittadino statunitense intende mangiare una banana se presenta macchie marroni sulla buccia. Un doppio errore. Quella macchia è solo la prova che la banana è matura, dunque con un sapore (e un profumo) migliore rispetto a quella verde-gialla tutta luccicante, spesso acerba e indigesta. In secondo luogo eliminare un frutto per una chiazza, significa destinarlo automaticamente al cestino dell’immondizia. E dunque allo spreco.
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SPRECO ALIMENTARE: DATI –
Lo spreco alimentare in America è drammatico. Nella sua enciclica ambientale Laudato si, quando parla di società orientate allo scarto e allo spreco, di cose e di uomini, certamente Papa Bergoglio pensa implicitamente anche agli Stati Uniti. Un sondaggio online tra più di mille cittadini americani condotto da un gruppo di ricercatori della Johns Hopkins Bloomberg school of public health, ha stimato che negli Stati Uniti nel passaggio dalla produzione al consumo si perda dal 31 al 40 per cento di cibo. Una follia. Se poi si sommano gli sprechi in America e in Oceania si arriva a uno spreco alimentare pari a un terzo dell’intera superficie agricola. E soltanto negli Stati uniti lo spreco alimentare vale il 2 per cento delle emissioni di gas serra nel paese.
SPRECO ALIMENTARE NEL MONDO –
Sempre stando ai risultati del sondaggio, gli americani sono consapevoli del problema e cercano soluzioni. Ma non le trovano. Sono troppo abituati a decenni di consumi compulsivi, di sprechi automatici, realizzati nell’indifferenza. E allora, ecco la proposta dei ricercatori americani, per ridurli bisogna dare incentivi alle famiglie e alle imprese e bisogna riscrivere i criteri estetici degli alimenti. Per ricordare che una banana con qualche chiazza marrone non solo non è marcia, ma è più buona.
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