Dentro c’è di tutto. Ospedali fantasma, dighe mai entrate in funzione, strade inutili. E ancora: aeroporti che non hanno mai visto un passeggero e progetti firmati da grandi archistar pagati e rimasti sulla carta. E’ l’Italia dello spreco di denaro pubblico nel settore delle opere pubbliche, raccontata da due giornalisti, Antonio Fraschilla e Fabio Tonacci, in un’inchiesta sul sito di Repubblica che vi invito a leggere.
L’Italia inutile è un quadrifoglio di 160 mila metri quadrati nel mezzo della Brianza. È questo enorme svincolo stradale che si incontra a Desio andando verso il Lago di Como, sulla statale 36. La carreggiata disegna quattro ampi ovali prima di immettersi nel bel giardino verde di una villa. Così, senza avvertimento, l’asfalto si interrompe e comincia la terra. Costruito una ventina di anni fa dall’Anas, doveva servire ad allacciare la statale alla Pedemontana. Peccato però che quest’ultima non sia mai stata fatta. Diciotto miliardi di lire buttati al vento. Spiccioli rispetto ai 370 milioni di euro spesi in trent’anni per la diga del “Pappadai”, in provincia di Taranto, la più grande opera idraulica del Dopoguerra. Mai entrata in funzione. Doveva contenere 20 milioni di metri cubi d’acqua, oggi contiene copertoni e rifiuti, anche tossici.
DUE MILIARDI DI SPRECHI. Ora che l’Italia si è liberata dalla procedura d’infrazione per deficit eccessivo della Commissione europea, può pensare a come investire dal 2014 un tesoretto di 8-10 miliardi. C’è da sperare che siano investiti meglio che in passato. Con una quarantina di opere pubbliche realizzate negli ultimi dieci anni, finite, consegnate e mai aperte, oppure utilizzate solo in minima parte, a volte solo per pochi giorni, si sono bruciati due miliardi di euro. Esattamente la cifra che cerca il governo Letta per coprire lo stop alla prima rata dell’Imu.
Nella galleria dei monumenti allo spreco ci sono ad esempio gli impianti realizzati per le Olimpiadi di Torino nel 2006 e ora abbandonati. Solo per la pista da bob di Cesana Pariol se ne sono andati 77,3 milioni. Alla Maddalena si possono visitare i resti di un G8 mai fatto ma pagato dai cittadini 327 milioni. Se passate dalle parti di Cervignano (Udine) probabilmente finirete per sbattere contro il gigantesco interscalo ferroviario. Costato quasi 500 miliardi di lire “oggi è utilizzato solo al 15 per cento”, denuncia Valentino Lorelli, della Filt-Cgil di Monfalcone. Un po’ più a sud, a San Slavo in provincia di Chieti, c’è uno dei cinque autoporti deserti dell’Abruzzo. Trentatré milioni di euro per non accogliere mai un camion. Chiuso. “Non si riesce a trovare chi li gestisca – racconta il consigliere regionale del Pdl Nicola Argirò – quello di Roseto dista cinque chilometri da quello di Castellalto. Non hanno senso”.
ERRORI DI PROGETTAZIONE. In fatto di nonsense abbiamo esempi notevoli. In cima al molo Ichnusa di Cagliari c’è un terminal crociere bellissimo, in vetro e acciaio. Terminato nel 2008 e costato 5 milioni di euro, non ha mai visto neanche una zattera. Infatti il fondale, 6,40 metri, si è rivelato troppo poco profondo per i pescaggi delle grandi navi da crociera, a cui servono almeno dieci metri. Nessuno ha fatto i dragaggi e ora si teme che andando a scavare si possa compromettere la stabilità del molo.
Lo stesso spirito geniale deve avere guidato chi ha autorizzato la costruzione di un mega palazzetto dello sport da 900 posti (4 milioni di euro) in aperta campagna, a metà strada tra Barrafranca e Pietraperzia, in provincia di Enna. Non lo vuole nessuno. “I costi di gestione sono troppo alti”, ammette l’assessore provinciale Antonio Alvano.
INFRASTRUTTURE GRIFFATE. A volte l’inutilità o la sproporzione di un progetto si nasconde dietro l’ombra lunga di un archistar. La Corte dei Conti ha chiesto 4 milioni di danni a Santiago Calatrava e a tre tecnici per il ponte della Costituzione sul Canal Grande di Venezia. Dopo l’apertura dello scorso anno, dopo gli 11 milioni di euro spesi, ci si è accorti che è scivoloso e che necessita di una costosa quanto costante manutenzione straordinaria. Qualche dubbio sorge anche guardando la splendida ristrutturazione dell’aeroporto San Francesco di Perugia, firmato Gae Aulenti e finanziato con 42,5 milioni. “Diventerà un aeroporto importante per tutto il Centro Italia”, disse il direttore dell’unità tecnica di missione per i 150 anni dell’Unità d’Italia Giancarlo Bravi. A gennaio, però, la doccia gelata: è stato escluso dalla lista dei 31 scali di interesse nazionale dal ministero delle Infrastrutture e quindi dai relativi finanziamenti. I voli con Milano sono stati tagliati. E i 230 mila passeggeri previsti sono la metà di quelli preventivati. Appare sovradimensionato per una città di soli 20 mila abitanti, l’enorme auditorium della musica di Isernia, costruito nel 2012. Tra l’altro ne esisteva già un altro, che non si riempiva mai.
LEGGI ANCHE: Monumenti in abbandono, uno spreco italiano
EDIFICI FANTASMA. La Calabria, invece, pare avere una passione particolare per gli ospedali fantasma. A Gerace ce n’è uno costato a suo tempo 9,5 miliardi di lire e mai aperto, diventato rifugio per le pecore al pascolo. Stessa sorte per il nosocomio di Rosarno. A Scalea almeno uno dei tre piani dell’enorme ospedale locale sono riusciti ad utilizzarlo, sistemandoci gli uffici della Asl, ma non si sono fatti mancare una inutile aviosuperficie costata 10 milioni di euro, dove al massimo hanno visto atterrare qualche ultraleggero. Anche a San Bartolomeo in Galdo (Benevento) c’è un relitto d’ospedale (cinque piani vuoti) la cui prima pietra fu messa nel lontano 1958. Venti milioni di euro dopo, non è mai stato aperto, nonostante si continuassero ad assumere primari e chirurghi. Adesso c’è un mini presidio di pronto soccorso e qualche ambulatorio. Il record di opere realizzate e mai utilizzate però ce l’ha la Sicilia. Soltanto a Giarre se ne contano una decina. Dall’anfiteatro con centro polifunzionale alla piscina comunale che misura 49 metri anziché i 50 regolamentari passando per il campo da polo in disuso, se ne sono andati una cinquantina di milioni. I palermitani invece non hanno mai parcheggiato la macchina nelle due grandi aree di sosta realizzate nel 2007 dall’ex amministrazione Cammarata in via degli Emiri e in via Basile. Due parcheggi lontanissimi dal centro e non serviti da bus navetta, costati però la bellezza di 8,2 milioni di euro. Come diceva Flaiano, in Italia la linea più breve tra due punti è l’arabesco.
LEGGI ANCHE: Acquario di Genova, due biglietti al prezzo di uno
Vuoi conoscere una selezione delle nostre notizie?
- Iscriviti alla nostra Newsletter cliccando qui;
- Siamo anche su Google News, attiva la stella per inserirci tra le fonti preferite;
- Seguici su Facebook, Instagram e Pinterest.