Non sono i covi della disperazione. Le crying rooms, le stanze per piangere, sono molto diffuse in America e in Giappone. In alcune università americane (per esempio l’università di Utah) esiste il cry closet, una specie di bagno, che di solito si trova nella zona della biblioteca, dove gli studenti possono chiudersi, non più di dieci minuti, per vincere la tensione di un esame oppure la delusione di un cattivo risultato. Sono liberi di scaricare il loro disagio e per non pensare, per alcuni minuti, ai problemi legati allo studio.
A Tokyo le crying rooms vengono proposte dagli alberghi a cinque stelle, come nel caso Mitsui Garden Yotsuya hotel, nel quartiere Shinjuku. Il prezzo comprende anche alcuni servizi accessori: un tè servito in camera al momento richiesto, fazzolettini per asciugare le lacrime, un film da vedere, una maschera per ammorbidire il viso gonfio dal pianto. In tutto per 75 euro.
Dal Giappone e dall’America, le crying rooms stanno arrivando anche in Europa. Nel centro di Madrid è stata aperta, per esempio, la Llorerìa (in spagnolo llorar significa appunto “piangere”), per aiutare persone fragili dal punto di vista mentale. Che hanno voglia di liberarsi, ma non riescono a farlo davanti ad altre persone.
D’altra parte, secondo un importante studio terminato nell’ottobre del 2023 da parte di un gruppo di ricercatori del Brigham and Women’s Hospital e della Harvard T.H. Chan School of Public Health, il pianto liberatorio fa molto bene. Libera ossitocina e endorfine, sostanze che migliorano l’umore, e migliora il funzionamento di alcuni organi, come l’intero apparato intestinale.
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Foto apertura di Photo By: Kaboompics.com via Pexels
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