Il governo taglia gli stipendi dei super burocrati, ma chi osa toccare i mega compensi dei manager delle banche italiane, comprese quelle che hanno rischiato il fallimento? Nessuno. I conti sono in rosso, con perdite stratosferiche, talvolta è dovuto intervenire direttamente lo Stato per il salvataggio (vedi il caso del Monte dei Paschi di Siena), gli organici vengono tagliati, eppure gli stipendi d’oro ai piani alti delle banche italiane continuano a volare. come se nulla fosse mai accaduto. Il risultato, secondo un’indagine dell’Uilca, è che in media gli stipendi dei manager delle banche italiane sono pari a 62 volte rispetto a quelli dei bancari con una crescita progressiva in questi ultimi anni di Grande Crisi e di fallimenti evitati solo in zona Cesarini: la differenza era pari a 53 volte nel 2012 ed a 42 volte nel 2000.
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Non c’è da fare nè facile demagogia nè grandi proclami sull’equità, ma da questi numeri risulta evidente che i conti non tornano e gli istituti di credito italiani, in gran parte, puzzano di grandi sprechi. Se il manager di una banca è bravo, e porta a casa dei risultati utili alla società e anche ai risparmiatori che hanno dato fiducia alla sua società, allora è giusto che venga pagato in modo significativo e trasparente.
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Ma se i risultati sono disastrosi, se il sistema bancario ha rischiato il collasso, se ancora adesso l’intero sistema economico risente della cattiva gestione delle banche (pensiamo alla quantità di crediti, oggi incagliati, e concessi con troppa facilità ai soliti noti e negati alle picccole aziende ed alle famiglie), perché bisogna premiare i banchieri con tanta generosità? Qui non è il mercato che fa il prezzo, ma piuttosto sembra che a stabilire i compensi sia una sorta di oligarchia bancaria al di sopra di qualsiasi taglio, di qualsiasi piccolo e grande sacrificio, e perfino di qualsiasi regola di elementare buon senso. Un’oligarchia di intoccabili, oggi molto più di ieri.
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