Strage degli anziani, ormai li consideriamo un problema e un rifiuto della società

Soltanto in Lombardia i morti nella case di riposo sono 2.500. Abbandonati al loro destino. In luoghi dell’errore dove girano molti soldi e zero controlli

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Una strage nella strage. Una mattanza che, una volta per tutte, aiuta a capire meglio la catena di imperdonabili errori che sono stati fatti nella prima fase del contagio del coronavirus. Gli errori che hanno portato l’Italia ad avere un record di morti del tutto ingiustificato.

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La strage è quella degli anziani. Con un epicentro ben preciso: le case di riposo. Un vero network di residenze pubbliche e private, convenzionate e non, una terra di nessuno dove girano molti soldi e pochissimi controlli. Solo così si spiegano numeri tragici, incredibili e purtroppo ancora provvisori. Soltanto in Lombardia i morti nella case per anziani sono 2.500, numero assolutamente provvisorio; in Veneto è risultato infettato un vecchio su dieci tra i clienti delle Rsa (Residenze sanitarie assistenziali); a Udine i Nas hanno sospeso una casa per anziani ed evacuato 21 ospiti, tutti positivi; a Bisceglie in una piccola casa di riposo la catena dei contagi ha colpito 46 persone, compresi 9 operatori sanitari. L’Istituto Superiore della Sanità, con una macabra contabilità, ha calcolato che tra febbraio e marzo nella case di riposo italiane sono morte 7mila persone. La metà di coronavirus

Mentre la politica fa il solito gioco dello scaricabarile, con ciascuno che prova ad addebitare sulle spalle degli altri le colpe, il governo contro le regioni e le regioni contro le Ats, la magistratura è partita lancia in resta con una raffica di inchieste. Sono 15 soltanto a Milano, con al centro il reato di epidemia colposa, e il coinvolgimento di istituti molto noti come il Pio Albergo Trivulzio, il Don Gnocchi e la Sacra Famiglia di Cesano Boscone.

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MORTI RSA CORONAVIRUS

Vedremo che cosa verrà fuori da queste indagini, ma prima della legge qui sono in gioco la nostra civiltà e la nostra coscienza. Questa strage ha una genesi molto precisa: gli anziani, in società come l’Italia dove la curva demografica segnala un continuo invecchiamento della popolazione, ormai costituiscono un problema. Salvo quando pagano conti e per sostenere figli e nipoti. E l’unico modo per risolvere il problema è abbandonarli al loro destino, apparentemente dignitoso. Apparentemente.

Nasce da questa idea distorta dell’anzianità il boom della case di riposo, che si sono andate moltiplicando in questi anni. In larga misura convenzionate, che tradotto in termini pratici significa la seguente cosa: l’assistenza degli anziani, complessa per definizione, non è più un problema degli ospedali e degli istituti pubblici, ma passa nelle mani delle residenze private, che però vengono rimborsate dalla mano pubblica, cioè dalle stesse regioni. È la privatizzazione della sanità all’italiana, con il privato che gestisce e incassa, e il pubblico che paga.

CASE RIPOSO ANZIANI

Una partita di giro, dove i vantaggi sono reciproci. Le case per anziani “private” sono mucche da mungere per il denaro che producono. E allo stesso tempo le regioni si sono liberate di un peso che fanno fatica a gestire in modo diretto, e si limitano a pagare assegni mensili. I controlli sono sempre a posteriori, quando è troppo tardi: lo scorso anno sono state verificate dai Nas 2.716 residenze sanitarie assistenziali, e nel 27 per cento dei casi sono state segnalate pesanti irregolarità. Tutto inutile. In realtà le case di riposo per anziani godono di una totale autonomia. Ecco perché è stato possibile mettere in fila, in una catena dell’orrore, quella serie di errori che hanno poi portato alla strage del coronavirus.

Gli anziani non sono stati protetti. Anzi: nelle case di riposo sono entrate anche persone contagiate, che hanno trasformandole le strutture sanitarie in epicentri del contagio e luoghi di morte. Fino alla metà di marzo in questi luoghi  mancavano mascherine, occhiali, guanti e camici. I tamponi sono arrivati ad aprile. Ed è stato così che in alcune  case di riposo la metà degli ospiti paganti sono morti per il Covid-19.

Per molte famiglie, purtroppo, lasciare una persona anziana in una casa di riposo è una scelta obbligata. Mancano mezzi e condizioni per assisterla in famiglia. In altri casi, invece, questa è la soluzione considerata più vantaggiosa, anche per l’anziano che dovrebbe essere assistito 24 ore su 24. Cosa che di fatto non avviene. La strage del coronavirus ci chiama in causa, e ci richiama ai nostri doveri nei confronti degli anziani, che hanno diritto fino all’ultimo di una buona vita e, al momento del trapasso, di una buona morte. E non possono essere considerati un rifiuto, uno scarto, in una società che non ha né tempo né risorse da dedicare alla loro sopravvivenza.      

ANZIANI IN ITALIA

Con la mattanza nelle case di riposo, al di là delle responsabilità amministrative e politiche, l’Italia, paese sempre così auto-celebrato per la sua “brava gente”, ha mostrato il funzionamento di un piccolo laboratorio criminale, dove la vecchiaia è considerata una colpa da espiare. Non dando fastidio, fino a morire senza una giusta causa, e senza neanche il disturbo di un funerale da celebrare.
È la vecchiaia azzerata dal pensiero dominante dell’eterna giovinezza, dal mito del lifting e della tecnica che può fermare le leggi della natura e dell’età, dal giovanilismo che ha bisogno di spazio vitale e non perde un secondo dei suoi affanni per dare uno sguardo, o un dito, all’anziano. Diciamolo: i vecchi sono diventati scomodi. Tanto più per il fatto che mostriamo sempre più scarso interesse alla trasmissione di valori, storie e culture, che dipendono proprio dalla loro voce e dalla loro presenza. Sono diventati talmente scomodi che se muoiono come le mosche, come sta avvenendo con il coronavirus, apriamo la loro carta d’identità, diamo un occhio alla data di nascita, e alla fine concludiamo che doveva andare così, e la colpa è solo dell’età. 

LE ASSOCIAZIONI E I PROGETTI PER AIUTARE GLI ANZIANI SOLI:

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