CAR SHARING. Vorrei fare un appello ai tassisti: ragionate. Anche e innanzitutto nel vostro interesse. La categoria è in rivolta, da Milano a Roma fino a Napoli, e non è una novità, ma questa volta il dito non è puntato sulle licenze o sul prezzo della corsa, quanto contro le innovazioni che nelle grandi città si stanno introducendo per rivoluzionare la mobilità. Car-sharing, noleggio di auto elettriche, prenotazioni di auto con e senza conducente attraverso applicazioni sul web. In generale, siamo nel perimetro della filosofia del Non sprecare che, in termini di mobilità, significa più spazio al servizio pubblico (a partire dalla rete dei trasporti locali) e minore uso, nei centri urbani, dell’auto privata che inquina e costa.
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TASSISTI RIVOLTA. Il malumore dei 35.000 tassisti italiani, spalmati in decine di sigle sindacali, va esaminato distinguendo i diversi casi anche dal punto di vista geografico. A Milano e Roma, per esempio, la lotta è contro Uber, un’applicazione che sta rivoluzionando la mobilità urbana nella fascia alta, quella dei clienti più facoltosi. Uber funziona così: si scarica sullo smartphone, si inseriscono i dati della carta di credito e si ottiene una macchina con autista dove ti trovi. I tassisti la considerano una forma di concorrenza sleale, perché favorisce gli Ncc, cioè i noleggiatori con conducente che a Roma sono 1.000 sulla carta e 3.500 nella realtà aggiungendo la quota di abusivi.
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CAR SHARING MILANO. Anche il car-sharing, che a Milano rappresenta un grande successo (50mila iscritti al servizio in pochi mesi) e a Roma è solo una promessa, è visto con molto sospetto dalla categoria dei tassisti. A Napoli, dove un sindaco immaginifico nelle sue visioni di “città internazionale” ha deciso di introdurre un primo esperimento di car-sharing con auto elettriche dal titolo Ci.Ro. (City Roaming), i tassisti temono di vedere un nuovo crollo delle entrate dopo che negli ultimi anni il loro giro d’affari si è ridotto del 30 per cento.
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MOBILITA’ URBANA. Dove sta il punto di equilibrio tra l’innovazione, il cambiamento a favore di tutti i cittadini e la difesa di interessi anche legittimi, ma comunque di una singola categoria? In due punti, chiari e semplici. Innanzitutto i tassisti non devono e non possono scivolare nella zona grigia della protesta selvaggia, corporativa e odiosa per chi ne subisce i danni, cioè gli utenti, e devono garantire qualità e trasparenza del loro servizio (pubblico). In secondo luogo, hanno il pieno diritto di incalzare le amministrazioni locali sulle scelte da fare, senza però mettersi sempre e comunque di traverso rispetto al cambiamento che invece potrebbe perfino favorirli.
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Mi spiego. Non sprecare, a proposito di mobilità urbana, significa mettere in campo, da parte delle amministrazioni, tutte le opzioni, lasciando poi al cittadino-cliente la scelta finale: innanzitutto la rete dei trasporti locali (sulla quale il sindaco De Magistris dovrebbe fare qualcosa , magari dopo una visita ai tram, agli autobus e alla metropolitana di Milano, invece di annunciare il nulla) e poi le varie alternative all’auto privata, dal car-sharing alla bici, ma a partire proprio dal taxi. In questo modo si potrebbe, per esempio, favorire una circolazione continua di taxi a tariffe basse, e non insostenibili per gli utenti, e con un vantaggio per la categoria: più corse, meno traffico, più guadagni. Ecco il modello della città Non sprecare, dove i tassisti, se ci ragionano, non hanno nulla da perdere. Anzi.
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Il Mattino
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