Stoccolma docet. Nella gelida Svezia il teleriscaldamento è una realtà già dagli anni ’60. E dal 1990 al 2005 gli svedesi hanno ridotto le emissioni di CO2 dovute alla produzione di calore di circa il 35%.
Ancora scarsamente diffusa in Italia, questa tecnologia energetica prevede che il calore prodotto in grandi centri di produzione venga poi distribuito tramite una rete di tubature a una pluralità di edifici o addirittura a interi quartieri.
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Gli impianti utilizzati sono per lo più strutture preesistenti sul territorio e in gran parte rinnovabili: si spazia dalla geotermia alle biomasse fino alla termovalorizzazione. Un sistema che oltre all’abbattimento delle emissioni fornisce un vantaggio concreto anche ai cittadini, che non dovranno più occuparsi della manutenzione degli impianti.
In vista di un potenziale sviluppo nel nostro Paese, allo Smart Energy Expo di Verona teleriscaldamento ed efficienza energetica sono stati un binomio che si è conquistato ampio spazio sia nei convegni e che nei workshop tematici. A partire da una fotografia della situazione attuale: i dati forniti da un recente studio di Cittalia (Fondazione Anci Ricerche) dicono che solo poche città capoluogo si sono dotate di questi impianti; l’utilizzo di questa tecnologia è diffuso per lo più nel Nord Italia, in particolare tra Lombardia, Piemonte e Alto Adige. Nella provincia di Bolzano, ad esempio, le biomasse coprono il fabbisogno di energia elettrica di 100 mila famiglie e sono utilizzate in 32 comuni.
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Per il resto però il quadro è quello di un sistema ancora scarsamente utilizzato, e dunque con un forte potenziale di crescita. Dall’attuale 4% di calore che oggi viene prodotto con il teleriscaldamento, la prospettiva è quella di arrivare a una copertura del servizio pari al 20% del mercato.
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