Tra gli amori familiari, uno merita particolare attenzione, anche se viene trascurato rispetto al legame tra i coniugi e a quello tra genitori e figli. Si tratta della chimica tra fratelli, o sorelle, che può attraversare fasi diverse, per poi instradarsi sui binari di una grande complicità che va oltre sia il rapporto di sangue sia la pura amicizia. L’amore di un fratello ha una potenza legata anche alla sua unicità, fatta di complicità, empatia, sostegno reciproco, condivisione.
Aumentano, e non di poco, le persone che fanno terapia di coppia per fratelli, una pratica che sembrava confinata ai rapporti tra marito e moglie o tra genitori e figli. Evidentemente c’è il desiderio, in aumento, di sanare conflitti che possono diventare infiniti e determinare lo spreco di una delle relazioni più importanti della nostra vita.
Tra fratelli è sacrosanto litigare, distinguersi, discutere nella reciproca diversità: pensate soltanto alla naturale chimica che scatta quando il secondogenito arriva e tenta di conquistare le attenzioni dei genitori, smarcandosi innanzitutto dallo stile del primogenito. E’ la premessa di un naturale conflitto, che non va sedato né esasperato. La patologia può arriva quando scattano i complessi di superiorità, la convinzione (magari non del tutto infondata) che i genitori abbiano qualche preferenza, la competizioni sui risultati che si ottengono nel corso della vita. Qui il conflitto può seminare rancore, e l’amore può lentamente, come nel favoloso romanzo di Sàndor Marai, Le braci, scivolare nella palude dell’odio.
A questo punto la terapia di coppia per fratelli si presenta come una pratica utile per sanare fratture in apparenza non più ricucibili, e per ristabilire l’armonia di un rapporto che ha delle radici naturali. Tra l’altro, crescendo i fratelli sono chiamati a nuovi compiti che non possono svolgere con efficacia se sono lacerati da un permanente conflitto: per esempio, occuparsi dei genitori anziani e malati.
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