Via il cemento o il capannone, torna la campagna. Non si tratta di uno slogan o magari del sogno di un ambientalista, quanto di un cambiamento che sta avvenendo in alcune aree del Paese, le più esposte in passato a una cementificazione selvaggia. Sono stato recentemente nella provincia di Treviso, la seconda del Veneto per numero di concessioni edilizie rilasciate negli ultimi dieci anni, e ho scoperto la clamorosa novità: centinaia di ettari, di suoli, e perfino di spazi occupati da ex capannoni industriali, convertiti da edificabili ad agricoli.
L’amministrazione comunale di Godega ha perfino annunciato la pubblicazione di un avviso pubblico proprio per favorire la riconversione dei terreni. Dice il sindaco, Alessandro Bonet: “I cittadini che vogliono passare dal cemento alla campagna con i loro suoli, troveranno porte aperte in comune. A condizione che i terreni siano poi utilizzati con coltivazioni di qualità, visto che il nostro obiettivo è quello di rilanciare l’agricoltura e l’occupazione in questo settore”.
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Stessa musica a Villorba, a Castelfranco, a Pieve di Soligno, a Tarzo: in pratica in tutta la provincia di Treviso dove sono censite oltre mille aree produttive industriali e dove si stanno moltiplicando, come un fiume in piena, le richieste di tornare all’agricoltura con i propri suoli.
Il passaggio dal cemento alla campagna ha due spiegazioni, legate agli effetti della recessione e alla voglia di cambiamento. Molte piccole aziende, con i loro capannoni, chiudono e piuttosto che tentare di riconvertirsi in nuove attività industriali, gli ingegnosi trevigiani puntano a riscoprire i prodotti delle loro terre, a partire dal celebre Prosecco.
Stesso discorso per quanti pensavano di continuare a fare lottizzazioni immobiliari, e adesso, con la crisi del mercato, sono stati costretti a fermare i loro progetti. Infine, nella corsa trevigiana al cambio di destinazione dei suoli c’è anche l’effetto-tasse, in quanto su un solo agricolo gravano meno tributi rispetto a un’area edificabile. La Grande Crisi è anche questo: un’occasione, per convenienza, per cambiare vita, economia e ambiente. E per non sprecare la propria terra.
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