Attraverso un articolo di Sergio Rizzo sul Corriere della Sera ho scoperto che la magistratura, come avviene in molti settori della pubblica amministrazione, è avvolta in una nube grigia che ne pregiudica il buon funzionamento: i distacchi. Mentre la pianta organica segnala un deficit di 1.255 unità, ci sono 219 magistrati che non lavorano all’amministarzione della giustizia, non scrivono sentenze, non vanno in aula, ma fanno altro. Sono distaccati. Nei minisiteri, nelle ambasciate, nelle authority, a palazzo Chigi.
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A questa cifra va aggiunta la quota di magistrati fuori ruolo che si sono tuffati in politica, pronti a rientrare nei quadri appena finirà la loro esperienza di parlamentari, consiglieri e assessori. Sulla pianta organica risultano in aspettativa. È un quadro preoccupante laddove in Italia la giustizia civile è praticamente morta, considerando i tempi che un cittadino deve attendere prima di ricevere una sentenza. E di certo non tutti i magistrati distaccati sono essenziali: serve, per esempio, un giudice che invece di stare in aula è a Washington per curare i collegamenti con i ministeri della Giustizia dell’Inghilterra e della Spagna?
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Il governo farebbe bene a mettere occhi e mani in questa materia, per fare ordine ed evitare incomprensibili privilegi. Come è avvenuto, proprio ieri, a proposito degli incarichi di arbitrati, un altro canale attraverso il quale i magistrati si sfilavano dal loro lavoro istituzionale. Finalmente, il Parlamento ha approvato una norma che vieta ai magistrati ordinari, amministratici, contabili e militari la partecipazione a collegi arbitrali o l’ìassunzione di incarichi di arbitro unico. Era ora. Adesso asspettiamo che il ministro dia un segnale anche sul fronte dei distacchi facili e inspiegabili.
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