Lo spreco del turismo: gli stranieri hanno paura dell’Italia

Un libro denuncia tutte le occasioni perdute della Bella Italia. Spaventano i trasporti che non funzionano e il caos nei musei

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TURISMO IN CALO IN ITALIA –

Siamo andati sempre e solo indietro. Nel 2005 il marchio Italia nel Country Brand Index era al primo posto, nel 2007 scivolava al quinto e adesso siamo diciottesimi. Il turismo è il paradigma dell’incompiutezza italiana, dello spreco di risorse che abbiamo ereditato e non sappiamo utilizzare: l’industria mondiale del settore è in continua crescita (nel 2030 ci saranno nel mondo 2 miliardi di viaggiatori), mentre le statistiche segnalano la diminuzione degli arrivi dall’estero nel Belpaese. Perdiamo perfino il braccio di ferro con la Grecia: nell’ultimo anno i pernottamenti sono diminuiti del 5 per cento, al contrario nel paese più devastato dalla Grande Crisi sono schizzati dell’11 per cento. E se è vero che le bellezze monumentali (4.000 musei, 95.000 chiese e 2.000 aree archeologiche) sono spalmate in tutto il Paese, il buco nero del turismo che non gira è concentrato nelle regioni meridionali, dove arrivano appena il 13 per cento dei visitatori dell’Italia.

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TURISMO SPRECATO IN ITALIA: I COSTI E LE OCCASIONI PERDUTE –

Quanto costa questo scempio, e quanto il turismo possa rappresentare per creare benessere e lavoro (già oggi parliamo di un settore con 1 milione e 100mila occupati e quasi altri 2 milioni nell’indotto) lo spiega bene in un libro (Resort Italia, edizioni Marsilio) il giornalista Lorenzo Salvia. Da dove iniziare in questa ricognizione nella palude delle occasioni perdute? C’è innanzitutto un problema di infrastrutture, che colpisce in modo specifico il Sud: saremo anche il paese con 51 siti protetti dall’Unesco, ma diventiamo irraggiungibili con i nostri trasporti. E scoraggiamo i viaggi. Andare dalla Calabria in Basilicata, per restare nel tour meridionale, è un’impresa impossibile, così come la Sicilia che si considera autonoma a tutti gli effetti, e quindi non unita in una politica condivisa del trasporto collegato al turismo. Avete mai provato a raggiungere le Eolie? Ci vuole un grande amore per questo paradiso di isole naturali per mettere nel conto tutte le incertezze e le incognite di viaggi spesso apocalittici. Tra i mesi di luglio e agosto dello scorso anno dagli aeroporti tedeschi sono partiti 233 volti diretti alle isole Baleari: quelli per la Sicilia sono stati appena 17. Nulla. Eppure abbiamo un aeroporto ogni 50 chilometri, e altri se ne vogliono costruire moltiplicando una catena di cattedrali nel deserto.

BENI CULTURALI IN ITALIA –

Il secondo tallone di Achille riguarda specificamente i Beni culturali. Non mi convince il «modello Ikea» proposto da Salvia, già il lessico mi lascia perplesso, ma certo un monumento, qualsiasi esso sia, non può essere ben conservato (come ci impone la Costituzione) senza un’appropriata valorizzazione. Mentre Pompei soffoca in attesa dei risultati del Grande Progetto, il British Museum, con un piccolo repertorio di pezzi degli scavi, organizza una mostra che diventa un evento internazionale, con milioni di presenze, e si trasforma in un film venduto in tutto il mondo. Dovevano farlo proprio gli inglesi un film con un frammento del nostro patrimonio archeologico?  Nei musei si combatte una guerriglia quotidiana, fatta di scioperi selvaggi (l’ultimo, proclamato per Pasqua agli Uffizi, è stato appena revocato per decenza) e di un corporativismo sfrenato, e intanto soltanto il 40 per cento dei nostri musei ha personale in grado di parlare una lingua straniera. Gli altri si esprimono con lo slang, il dialetto locale e pazienza per chi non è in grado di tradurlo. Continuiamo ad alimentare una stucchevole polemica sulla valorizzazione dei monumenti e dei musei e sul ruolo dei privati al loro interno, ma in tutti i musei del mondo il marketing non è uno scandalo. E, ricorda nel suo  libro Salvia, ci sarà un motivo se il Louvre apre succursali nei paesi arabi e se Abu Dhabi si prepara alla diminuzione dei ricavi dal petrolio costruendo il più grande museo del mondo mentre noi chiudiamo il Colosseo alle quattro del pomeriggio.

COME INCENTIVARE IL TURISMO IN ITALIA –

Infine, per fare turismo servono promozione, incentivi, finanziamenti. Non a pioggia, come siamo ormai abituati a fare con altri incredibili sprechi. Per non perdere una briciola della greppia dei fondi europei destinati al turismo, gli amministratori siciliani si sono inventati la bellezza di 28 distretti turistici, tutti da finanziare. Dai borghi marinari, come se il mare fosse una cosa sorprendente per l’isola, ai luoghi degli antichi mestieri, potenzialmente tutte le località siciliane. Abbiamo l’Agenzia nazionale per la promozione del Turismo, l’Enit, ma ad ogni fiera internazionale del settore ciascuna regione si presenta con il suo padiglione, i suoi prodotti in vetrina, in suoi assessori in vacanza a spese dei contribuenti. E l’Enit, che andrebbe solo chiuso per la sua totale inutilità, pensa bene di spendere 138.000 euro l’anno nell’acquisto di quotidiani e riviste, quando ormai esiste Internet e in una sola sede all’estero, quella di Francoforte, vola un budget con 1 milione di euro l’anno di costi. Soldi sprecati, come il nostro turismo, un palcoscenico globale dove un tempo eravamo leader nel mondo e oggi siamo solo una povera comparsa.

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