USO DEL VELO ISLAMICO IN ITALIA
La storia è semplice. Asmae Belfakir è una giovane avvocatessa di 25 anni, marocchina, di fede islamica, che lavora in Emilia Romagna. Si è presentata in un’udienza del Tar con il velo e il giudice, Giancarlo Mazzarelli, le ha chiesto di toglierlo. Lei si è rifiutata, e ha deciso di lasciare l’aula in segno di protesta.
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VELO ISLAMICO VIETATO NEI LUOGHI PUBBLICI
Gli argomenti di Asmae sono molto fragili, e dimostrano bene la fatica che dobbiamo fare con gli islamici, nonostante la nostra grande tolleranza (ricordiamo le migliaia di moschee che abbiamo fatto aprire nel nostro Paese). Lei dice che non esiste alcuna legge in Italia che vieti l’uso del velo, e qui ha ragione, e dunque lei può fare quello che le pare, e qui ha torto. La giovane avvocatessa è nata in Italia, si è laureata all’università di Modena con una tesi su L’integrità della delle donne e la legge islamica: dunque è stata accolta non bene, benissimo. Ha potuto studiare, professare la sua religione, vivere in libertà e poi lavorare. Ma allora per quale motivo, accanto a tanti diritti, non vuole riconoscere anche qualche dovere da cittadina italiana? Per esempio, quello di rispettare la nostra cultura, che non accetta il velo in quanto segno di una sottomissione e di una inferiorità della donna che abbiamo ripudiato da secoli.
(Il testo dell’art.129 del Codice di Procedura civile sui doveri di chi assiste o interviene all’udienza, affisso sulla porta dell’aula per le udienze del Tar – Credits: Repubblica)
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PAESI EUROPEI CHE HANNO VIETATO IL VELO ISLAMICO
Vorrei ricordare alla giovane Asmae che il divieto di portare il velo in luoghi pubblici, in questo caso per legge, in Francia esiste da ben sette anni. E sto parlando di un paese molto laico, dove l’accoglienza dello straniero, senza alcuna differenza di razza, di ceto sociale e di religione, è nel dna di un popolo. Il velo è vietato in tanti altri paesi europei civilissimi, come nel caso dell’Austria.
In Italia, giustamente, non abbiamo fatto una legge su questo tema. Ma abbiamo i nostri stili di vita, le nostre consuetudini, la nostra cultura: e abbiamo tutto il diritto che siano rispettate da chi decide di vivere qui, e per giunta ricopre incarichi pubblici molto rilevanti. Asmae, infatti, è anche la legale rappresentante dell’intera comunità islamica di Bologna, città dove l’immigrazione ha suscitato e suscita non pochi problemi di integrazione, e dunque la sua battaglia ha un valore simbolico molto alto.
Adesso la parola tocca, come al solito, ai giudici. Il Consiglio di Stato, poi di nuovo il Tar e poi chissà quale altra aula di tribunale. Ha un senso tutto questo? Tutto per un velo? Senza la ragionevolezza e il buon senso, prima ancora delle leggi, l’integrazione con la comunità islamica sarà sempre più complicata. e gli sforzi non possiamo farli sempre e solo noi italiani.
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