VALORIZZAZIONE BRONZI DI RIACE –
A leggere tutto di un fiato il libro di Salvatore Settis e Maurizio Paoletti (Sul buono e sul cattivo uso dei Bronzi di Riace, edizioni Donzelli), si resta sbigottiti. Un monumento unico, per bellezza e per valore storico, che il mondo ci invidia e che potrebbe modificare il destino di una città, di una regione, di un intero territorio. E che noi invece sprechiamo, nel modo più assurdo e bizzarro.
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SPRECHI MUSEO ARCHEOLOGICO DI REGGIO CALABRIA –
Innanzitutto i numeri. Dopo una sfrenata lotta campanilista, i Bronzi sono andati nel Museo Archeologico di Reggio Calabria, dove intanto è stato fatto un costosissimo restauro di 33 milioni di euro. Bene: dopo anni di lavori, e nonostante il boom del turismo mondiale e l’effetto Expo in Italia, i numeri dicono che i Bronzi di Riace non hanno portato più visitatori. Anzi. I visitatori paganti di tutti gli spazi culturali della Calabria, siti archeologici compresi, nel 2015 sono scesi rispetto all’anno precedente: a quota 357.212 da 401.634. E i due terzi di questa perdita sono dovuti proprio al crollo degli ingressi nel Museo Archeologico, appena restaurato, dove sono visitabili i Bronzi.
BRONZI DI RIACE: ASSURDITÀ E SPRECHI –
D’altra parte ci sono cose grottesche che allontanano dai Bronzi. A iniziare dal nome del Museo reggino, un burocratico Museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria (con la sigla Manrc). Ma non sarebbe più semplice, e più utile per i turisti chiamarlo semplicemente il Museo dei Bronzi?
Il sito Internet del Museo è tutto in italiano. Poche e generiche parole in inglese. Se lo legge uno straniero, che non conosce la nostra lingua, arriva alla seguente conclusione: meglio cambiare meta, qui non sono in grado di capire neanche quello che vado a visitare.
Se provate ad acquistare il biglietto dal web, vi dicono che «la pagina del sito non è disponibile». Impossibile. E questo per i turisti, abituati a programmare nei dettagli i loro viaggi, è un serio motivo di sconforto.
In compenso, i Bronzi di Riace sono oggetto quotidiano di una sorta di sagra del kitsch: le copie dei guerrieri vendute come statuine, bambole gonfiabili con le sembianze dei Bronzi, acqua di Colonia fasulla, propaganda di altri prodotti con il loro simbolo, a partire dalla liquirizia calabrese. Tutto sotto il segno dello spreco di uno dei monumenti più belli del mondo.
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