Mario Vargas Llosa parla con l’autorità del Premio Nobel con il «Corriere» e il «Mundo» sulla crisi europea e il suo ultimo libro, L’eroe discreto (Einaudi), che ne è in qualche modo la nemesi. E, orgoglioso della crescita economica e democratica latinoamericana, attacca, sempre da destra, l’Europa e soprattutto l’Italia.
Vargas Llosa, sotto la sua casa di Madrid ci sono montagne di spazzatura per lo sciopero dei netturbini. La sua porta è blindata per paura dei ladri. Di questi tempi l’Europa assomiglia più al Sudamerica che all’oasi di benessere cui eravamo abituati.
«È vero, l’Europa si è sudamericanizzata, ma curiosamente l’America Latina si è europeizzata. Una volta peruviani, colombiani, centro americani sgomitavano per venire a lavorare qui. Ora sono moltissimi gli europei, spagnoli in testa, che si cercano un futuro nel Cono Sur ».
È finita l’età dell’oro europea? «No, l’Europa non morirà. È solida, andrà avanti. Certe previsioni terroristiche sono ingiustificate. Certo, non si tornerà a vivere come prima, anche perché prima non potevamo permettercelo, però basterà una drastica marcia indietro e, purtroppo, il pagamento di un alto prezzo per gli errori commessi».
Quali errori? «L’Europa ha accantonato le proprie idee per applicare ricette sudamericane. Populismo, corruzione, sprechi, vivere al di sopra delle proprie possibilità, cinismo nei confronti della politica, sono caratteristiche del sottosviluppo, eppure hanno avuto il sopravvento in molti Paesi europei. Non tutti, per fortuna. Quelli virtuosi, come la Germania, non hanno sofferto la crisi».
Perché è successo? «Credo sia un problema culturale. Spendere più di ciò che si guadagna è un’irresponsabilità figlia del populismo, che, a sua volta, significa sacrificare il futuro per il presente. Invece di cercare la causa nel mondo esterno, l’Europa farebbe bene a capire come ha incubato il male che ora la strangola.
Continua a leggere l’intervista al Premio Nobel Vargas Llosa sul Corriere della Sera.
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