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EFFETTI CRISI CLIMATICA
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CLIMA TROPICALE
In Italia, in particolare, restando fermi di fronte al surriscaldamento climatico, avremo sempre più capricci del meteo, instabilità alla quale non siamo abituati, all’interno di due grandi tendenze geografiche. Clima caldo e asciutto al Nord, semidesertico al Sud. E le temperature elevate hanno un impatto diretto sui nostri stili di vita: secondo uno recente studio l’aumento di un grado entro il 2050, potrebbe raddoppiare i casi di notti insonni negli Stati Uniti , con 110 milioni di casi aggiuntivi ogni anno. Intanto, ogni anno che passa, ogni mese che passa, diventano sempre i più caldi della storia. e’ stato così anche per il 2023, e se non ci saranno cambiamenti rilevanti sarà così per almeno i prossimi vent’anni.
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DANNI ALL’AGRICOLTURA
Per avere un’idea compiuta sugli effetti dei cambiamenti climatici descritti al punto precedente, possiamo prendere la cartina geografica e trarre le seguenti conclusioni. Con queste temperature l’agricoltura made in Italy, specie frutta e ortaggi, diventa ad alto rischio. Il turismo ne soffre, in quanto siamo una meta prediletta anche per la gradevolezza del clima. E poi ci sono i rischi alluvioni e inondazioni.
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ALLUVIONI E INONDAZIONI
L’attività dei cicloni e i disastri legati alle inondazioni, sono stati di un’intensità eccezionale nell’ultimo decennio in tutta l’area del bacino Atlantico: e questo per effetto del surriscaldamento climatico. Lo abbiamo visto bene in occasioni di calamità (che, genericamente, definiamo “naturali”). E in Italia? Il rischio inondazioni è diventato altissimo nei bassopiani del Veneto (compresa Venezia) e dell’Emilia Romagna. Mentre le alluvioni colpiscono in particolari alcune regioni del Nord, come Lombardia e Liguria, e del Sud, come Calabria e Sicilia. Anche per la fragilità di un territorio molto compromesso.
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RISCHIO INCENDI
Con estati così secche, con le primavere in anticipo, con un clima semidesertico al Sud, il rischio degli incendi (a parte la variabile, non secondaria, dei piromani) va alle stelle. E qui il Sud rischia il massacro, ambientale, oltre che turistico.
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DESERTIFICAZIONE
Nelle zone tropicali del mondo l’effetto del surriscaldamento si traduce in deserti sempre più aridi. Con problemi giganteschi per popolazioni che già devono fare i conti con la scarsità delle risorse idriche. Quanto a noi italiani, non siamo indenni da un effetto-desertificazione: in pratica, queste variazioni climatiche così inusuali riducono la fertilità del suolo. E qui i danni vanno a giù a catena.
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L’ALLARME PER I GHIACCIAI
Anche in questo caso, non bisogna cedere all’allarmismo, ma lo scioglimento dei ghiacciai, a una velocità davvero preoccupante, è registrato da tutti. E non solo in Groenlandia, per fare un esempio. Certo: c’è perfino il vantaggio, se volete, di alcune aree del Grande Nord, come la Siberia e il Canada, dove l’alzamento delle temperature, sciogliendo i ghiacciai, renderà coltivabili e abitabili alcune aree. Ma in realtà nessuno ha bisogno di questo mutamento, mentre ci preoccupa tutti il fatto che lo scioglimento dei ghiacci polari fa salire il mare. E questo non è un bene per nessuno. Da oggi al 2.100 i climatologi prevedono un aumento del livello del mare, da un minimo di 53 centimetri a un massimo di 97.
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LA SCOMPARSA DELLE FORESTE
In Italia abbiamo meravigliose foreste, tra le più belle del mondo: alcune le abbiamo fotografate e raccontate. Ma con queste temperature così alte, la capacità delle foreste di assorbire CO2 continua a diminuire. Da qui un aumento dell’inquinamento che dalle foreste si trasferisce in tutto il territorio. Questi stravolgimenti comportano la distruzione di interi ecosistemi che comportano inevitabilmente un attentato alla sopravvivenza di numerose specie di animali.
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LA CO2
Si tratta di un gas che si forma nei processi di combustione naturale (incendi di foreste, eruzioni), biologica (la respirazione di piante, animali e l’uomo stesso) e artificiale (centrali elettriche, acciaierie, motori, impianti di riscaldamento). Questa ultima categoria è l’unica su cui abbiamo il potere di agire, ed è importante farlo con urgenza. Gli Accordi di Parigi rappresentano un passo avanti – anche se ancora non sufficiente – per mettere un freno alle emissioni, per questo è decisivo che gli Stati Uniti (uno dei principali produttori mondiali) rispettino l’impegno preso.
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I DANNI DEI GAS SERRA
Questo effetto è una delle principali conseguenze dell’eccessiva emissione di CO2. Questi gas, infatti, hanno la proprietà di trattenere nell’atmosfera il calore irradiato dal Sole, come se l’aria fosse una serra chiusa. Quindi se aumenta la percentuale di CO2 nell’aria, cresce la temperatura dell’atmosfera con tutte le conseguenza che conosciamo.
CRISI CLIMATICA E SITI UNESCO
L’allarme arriva da una ricerca svolta dall’Unesco, l’agenzia Onu per la cultura, in collaborazione con l’Unep, il programma Onu per l’ambiente. Nel rapporto “Patrimonio dell’Umanità e turismo in un clima che cambia” le due agenzie accendono i riflettori sui rischi che corrono 31 siti in 29 Paesi. Nella lista ci sono, oltre la nostrana città sulla Laguna, Stonehenge, la città di Cartagena, le montagne dorate di Altai in Russia, alcune delle statue dell’isola di Pasqua, i meravigliosi grattacieli di fango del popolo Dogon del Mali, i fiordi norvegesi e la barriera corallina australiana. La Statua della libertà a New York, ad esempio, nel 2012 è stata danneggiata dal uragano Sandy e con il trascorrere degli anni è sempre più a rischio intemperie.
CRISI CLIMATICA E VENEZIA
Venezia, tra i Patrimoni dell’umanità, è uno di quelli più a rischio. Il pericolo è considerato imminente a causa dell’erosione costiera e dell’innalzamento del livello dei mari, entrambi conseguenza dallo scioglimento dei ghiacci polari dovuto all’aumento delle temperature. Insieme a Venezia condividono lo stesso pericolo anche alcuni moai dell’isola di Pasqua e le isole Galapagos. Anche il turismo di massa può aggravarne la situazione: i 10 milioni di persone che ogni anno passano per la laguna sono sicuramente un fattore di stress e usura per la città.
CRISI CLIMATICA E BARRIERA CORALLINA
Un altro bersaglio dei cambiamenti climatici è la grande barriera corallina è situata al largo della costa nord-orientale dell’Australia. Composta da oltre 2.900 barriere coralline singole e da 900 isole, si estende per una lunghezza di 2.300 chilometri. Questo inestimabile patrimonio naturalistico, già messo in pericolo dai piani di espansione dei porti australiani, quest’anno, a causa dell’inquinamento e del riscaldamento dell’oceano, è stato colpito da un gravissimo fenomeno di sbiancamento. I coralli con le alte temperature perdono la loro naturale colorazione rosa-rossastra e sbiancano. Questo fenomeno avviene perché, in conseguenza dell’aumento della temperature delle acque, i coralli espellono l’algache dà loro il colore e che è fondamentale per il loro nutrimento. Lo sbiancamento, quindi, è il preludio alla morte. Gli studiosi stimano che il fenomeno in atto quest’anno ha colpito il 93% delle barriere singole, un evento molto più grave di quelli verificatisi nel 1998 e nel 2002.
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