I Verdi tra gli alleati dell’Italia nella riforma del regolamento di Dublino sui richiedenti asilo

Da anni si prova a modificare sistema di asilo Ue che, a causa del principio del Paese di primo approdo, penalizza fortemente gli Stati di confine. L’eurogruppo in questi giorni presenterà una proposta specifica che si fonda su un meccanismo vincolante per un'equa ridistribuzione

MODIFICA SISTEMA ASILO

L’Unione europea sta attraversando il momento più difficile della sua storia. La crisi legata all’epidemia coronavirus sta mettendo a nudo molte criticità. La più evidente delle quali è la scarsa solidarietà che sembra emergere dalle posizione feudali di molti Stati membri. Prima dello scontro di questi giorni su come finanziare i piani anti crisi, il campo in cui più spesso è venuto a galla ‘l’egoismo’ europeo è quello delle politiche migratorie. L’attuale sistema di asilo Ue, infatti, si poggia in maniera sproporzionata sui Paesi di confine, tra cui l’Italia, ai quali è delegato quasi per intero il compito di assorbire i flussi in arrivo verso il Vecchio continente.

VERDI MODIFICA REGOLAMENTO DUBLINO

Il sistema risulta squilibrato soprattutto a causa del regolamento di Dublino, una convenzione che prevede che lo Stato competente a esaminare una domanda di asilo sia quello in cui un migrante ha fatto il suo ingresso nel territorio europeo. Domande che, quando si registrano emergenze migratorie come quelle degli ultimi anni, tendono ad accumularsi, con un’inevitabile lentezza nell’esame delle richieste. Motivo per il quale i richiedenti tendono a rimanere sul territorio italiano, greco o spagnolo per anni.

Nel recente passato sono stati molteplici i tentativi di modifica del regolamento che, però, è rimasto sostanzialmente invariato a causa dei veti incrociati di diversi Paesi ai quali, tutto sommato, conviene l’attuale sistema. La nuova Commissione, che si è insediata lo scorso dicembre, ha promesso per questa primavera un nuovo pacchetto sull’asilo che dovrebbe prevedere anche la modifica del regolamento di Dublino. Intanto il gruppo dei Verdi ha presentato una propria proposta che punta a inserire un meccanismo vincolante per un’equa ridistribuzione dei profughi tra gli Stati membri.

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REGOLAMENTO DUBLINO RICHIEDENTI ASILO

Nello specifico, come ha spiegato a Il Tascabile Tineke Strik, membro dei Verdi olandesi, nel gruppo Greens/EFA, l’obiettivo è “evitare che i richiedenti asilo rimangano bloccati su qualche isola”. Per riuscirci il gruppo, che non vanta nessun europarlamentare italiano, punta su un meccanismo in due fasi: una volontaria e una seconda obbligatoria. La prima si basa su un’open-call, che consente a regioni e comuni europei di accogliere quote di richiedenti asilo. Questa presa in carico viene finanziata interamente dal Fondo Asilo e Migrazione (FAMI) e in questo modo gli enti ricevono i fondi comunitari in maniera diretta, senza passare dal potere centrale degli Stati.

La seconda fase obbligatoria si basa, invece, sull’individuazione del totale di richiedenti asilo da ripartire in ogni Stato membro. I criteri che i Verdi propongono di prendere in considerazione sono: la popolazione del Paese e il Pil, il numero di richiedenti accolti con la “‘solidarietà volontaria” e quello di rifugiati arrivati con corridoi umanitari da Paesi terzi. Quote che vengono pesate in percentuale sul totale degli abitanti. Chi si rifiuta di prendere in carico i migranti che gli spettano, sarebbe costretto dalla proposta a pagare tutti i costi relativi ad accoglienza e integrazione per i “suoi” migranti a un altro Stato. Un tipo di sanzione economica che dovrebbe disincentivare fortemente il rifiuto delle quote. Infine, nel caso in cui si arrivasse a dinieghi totali, la proposta prevede anche ricollocamenti obbligatori, previa procedura di ammonimento da parte della Commissione europea.

MODIFICA SISTEMA ASILO

Nella proposta dei Greens/EFA, per quanto riguarda la richiesta d’asilo, ogni migrante potrebbe esprimere fino a 5 preferenze sullo Stato a cui presentare domanda, a differenza dell’attuale regolamento che prevede la possibilità di chiedere protezione soltanto a un Paese. I criteri da tenere in considerazione sarebbero: legami famigliari, conoscenza della lingua o esperienze lavorative precedenti. Anche in questo caso sarebbe difficile incrociare le preferenze ma ci sarebbe più margine di manovra, atto a disincentivare i movimenti secondari dei profughi irregolari. Ossia i tentativi, una volta entrati nell’Unione, di spostarsi in altri Stati senza titolo. Un fenomeno molto comune perché chi ottiene un permesso di soggiorno deve restare 5 anni nel Paese che glielo ha concesso, un lungo lasso di tempo che spinge molti a intraprendere vie alternative. “Ma se io potessi cercare lavoro da un’altra parte dopo un anno – sottolinea a il Tascabile Strik – non mi sentirei bloccato dove ho chiesto asilo. E accetterei più volentieri di attendere lì la mia risposta”. 

Tutte iniziative che potrebbero aiutare i Paesi di confine, compresa l’Italia, in una gestione più umana e sostenibile dei flussi. Per poter giungere a una soluzione del genere è però necessario che i Paesi membri lascino da parte gli interessi individuali di breve periodo e diano seguito agli obiettivi fondativi dell’Unione. Obiettivi che si poggiano proprio sulla solidarietà tra gli Stati allo scopo di raggiungere il bene comune

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