Loa loa e loiasi: cos’è il verme dell’occhio e come si trasmette

Tra i sintomi gonfiore e prurito. I trattamenti e le cure possibili.

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Il verme parassita loa loa è un nematode che causa una parassitosi chiamata loiasi, diffusa principalmente nelle regioni tropicali dell’Africa centrale e occidentale. Si è iniziato a discutere di questo parassita in Italia alla luce di un caso clinico registrato a Padova, dove in un paziente è stata diagnosticata la presenza del parassita nell’occhio.

Cos’è

Il loa loa è un verme parassita che appartiene alla famiglia dei nematodi filariali e viene trasmesso all’uomo attraverso la puntura di mosche appartenenti al genere Chrysops, note come “mosche dei cervi” o anche i tafani. Una volta all’interno dell’organismo umano, il loa loa prolifera e migra nel tessuto sottocutaneo, provocando condizioni fastidiose che talvolta possono anche diventare pericolose per la vista.

Le microfilarie si sviluppano in vermi adulti all’interno dei tessuti sottocutanei dell’ospite umano. I vermi adulti raggiungono dimensioni importanti:

  • Le femmine: possono misurare tra i 40 e i 70 mm di lunghezza
  • I maschi: sono leggermente più piccoli e misurano tra i 30 e i 34 mm

Gli adulti sono responsabili della produzione di nuove microfilarie, che circolano nel sangue dell’ospite.

I vermi adulti migrano nei tessuti sottocutanei e occasionalmente sotto la congiuntiva dell’occhio, causando sintomi fastidiosi. Le microfilarie invece sono presenti principalmente nel sangue, e le mosche del genere Chrysops si infettano proprio nutrendosi del sangue di un individuo infetto, specie durante il giorno, quando la concentrazione di microfilarie è più alta.

Sintomi

Lo sviluppo del parassita causa sintomi come:

  • Gonfiore localizzato, noto come “edema di Calabar”
  • Migrazione visibile del verme attraverso il bulbo oculare
  • Prurito
  • Fastidi o dolori articolari
  • Febbre

Tuttavia, l’infezione è caratterizzata da sintomi che possono variare notevolmente da individuo a individuo, con pazienti che possono restare asintomatici per anni, mentre altri possono sperimentare manifestazioni più severe, tra cui quelli citati.

Bisogna considerare che in alcuni casi l’infezione parassitaria può portare alla comparsa di:

Casi più gravi, sebbene più rari, che vanno trattati tempestivamente.

Diagnosi

La diagnosi si effettua solitamente attraverso l’osservazione microscopica del parassita nel sangue, che tende ad essere più rilevabile durante le ore diurne, in concomitanza con il ritmo di attività delle mosche vettori.

La diagnosi, in genere, si basa su diversi metodi:

  • Osservazione di un verme adulto che attraversa l’occhio nella subcongiuntiva.
  • Identificazione di un verme rimosso dall’occhio o dalla pelle.
  • Osservazione microscopica delle microfilarie nel sangue, prelevato solitamente tra le ore 10 e 14, quando la concentrazione di microfilarie è più alta.
  • Utilizzo della PCR (Polymerase Chain Reaction) quantitativa per confermare la diagnosi e quantificare l’entità dell’infezione.

La loiasi, pur essendo rara al di fuori delle aree endemiche, rappresenta una sfida sanitaria importante in queste regioni, richiedendo un’attenta gestione e profilassi per ridurre la diffusione del parassita.

Cure e trattamenti

Il trattamento della loiasi in Italia richiede un’attenta valutazione da parte dei medici e l’utilizzo di farmaci specifici. La dietilcarbamazina (DEC) è il principale farmaco utilizzato per uccidere sia le microfilarie che i vermi adulti. L’uso di dietilcarbamazina deve essere attentamente monitorato a causa dei potenziali effetti collaterali, in particolare nei pazienti con un’alta carica parassitaria.

Prima di iniziare il trattamento con dietilcarbamazina, è necessario seguire alcune misure precauzionali:

  • Misurare il numero di microfilarie nel sangue, poiché l’uso di dietilcarbamazina per il trattamento di infezioni gravi (≥ 8000 microfilarie/mL di sangue) può portare a un’encefalopatia potenzialmente fatale.
  • Escludere la coinfezione con oncocercosi, in quanto la dietilcarbamazina potrebbe provocare una reazione di ipersensibilità grave (nota come reazione di Mazzotti) e peggiorare la malattia degli occhi e della pelle nei pazienti coinfetti.

Infezioni lievi

Per i pazienti con loiasi sintomatica e meno di 8000 microfilarie/mL di sangue, la dietilcarbamazina viene somministrata a una dose di 2,7-3,3 mg/kg, tre volte al giorno, per un periodo di 21 giorni. In Italia, questo trattamento deve essere prescritto e monitorato da un medico specialista, in quanto la somministrazione del farmaco richiede un controllo attento degli eventuali effetti collaterali.

Infezioni gravi

Nei pazienti con un’infezione grave (≥ 8000 microfilarie/mL di sangue), il trattamento richiede ulteriori precauzioni a causa del rischio di encefalopatia, che può verificarsi a seguito del rilascio di antigeni dalle microfilarie morenti. In Italia, è consigliato un trattamento iniziale con albendazolo (200 mg per via orale due volte al giorno per 21 giorni) per ridurre il carico di microfilarie a livelli inferiori a 8000/mL prima di somministrare la dietilcarbamazina. In alcuni casi, può essere necessario ripetere più cicli di dietilcarbamazina per garantire l’eliminazione dell’infezione.

Alternative e trattamenti di seconda linea

Per i pazienti che non rispondono a due o più cicli di dietilcarbamazina, può essere somministrato albendazolo (200 mg per via orale due volte al giorno per 21 giorni). Inoltre, l’ivermectina può essere utilizzata per ridurre la microfilaremia, anche se l’albendazolo è preferito per il suo effetto più graduale e per il minor rischio di provocare encefalopatia. In Italia, questi trattamenti devono essere sempre prescritti e gestiti da specialisti per garantire la sicurezza del paziente e la massima efficacia terapeutica.

Prevenzione

La prevenzione della loiasi è fondamentale, soprattutto per chi vive o viaggia nelle aree endemiche dell’Africa centrale e occidentale dove il verme parassita loa loa è abbastanza comune. Di seguito sono riportate alcune misure preventive che possono aiutare a ridurre il rischio di infezione:

  • Utilizzare repellenti per insetti: Applicare repellenti a base di DEET sulla pelle esposta e sui vestiti per scoraggiare le punture delle mosche e dei tafani, vettori del parassita. Gli indumenti impregnati di permetrina possono fornire ulteriore protezione.
  • Indossare abiti protettivi: Vestirsi con abiti lunghi e di colore chiaro che coprano braccia e gambe, specie quando le mosche sono più attive, quindi di giorno.
  • Trattamento profilattico con dietilcarbamazina (DEC): Per i viaggiatori a lungo termine in regioni endemiche, la dietilcarbamazina (DEC) può essere utilizzata a scopo preventivo alla dose di 300 mg per via orale una volta alla settimana.
  • Rimanere in ambienti protetti: Soggiornare in luoghi con schermi alle finestre, aria condizionata o zanzariere per ridurre il contatto con le mosche portatrici del parassita.
  • Evitare zone a rischio elevato: Limitare l’esposizione in aree note per l’alta densità di mosche vettori, come foreste umide e corsi d’acqua, durante le ore di attività massima delle mosche.
  • Educazione e sensibilizzazione: Informarsi sulle modalità di trasmissione e sui comportamenti da adottare per ridurre il rischio, specialmente se si vive o si viaggia in zone endemiche.

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