VINO CINESE
Zitti zitti i cinesi hanno imparato a fare anche il vino. Di buona qualità, di fascia medio-alta, con enormi potenzialità di crescita sul mercato interno. La Cina ha appena festeggiato la conquista del settimo posto nella classifica mondiale di produttori di vino, ma la lunga marcia dei calici sembra appena iniziata. E prima o poi questa concorrenza si farà sentire anche per il prodotto made in Italy, se non altro nell’area delle esportazioni. Soltanto tra il 2000 e il 2011 le importazioni di vino in Cina sono aumentate del 26mila per cento, e adesso che il vino iniziano a farlo con le loro mani, avremo sprecato un’altra occasione per l’enogastronomia italiana.
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VINO CINESE DI QUALITÀ
L’avanzata cinese è innanzitutto nella proporzione dei terreni coltivati. La Cina è seconda solo alla Spagna per ettari coltivati a vite, e ormai le regioni considerate «vinicole» sono ormai una decina. La più importante è l’area del Ningxia, che ricalca la strada dei vini di Bordeaux o il Chiantishire italiano: un centinaio di aziende vinicole presidiano il territorio, con una produzione annuale, solo in questo distretto, di 120 milioni di bottiglie l’anno.
Quanto alla qualità, i cinesi sono stati bravi a studiare. Hanno fatto crescere una nuova generazione di enologhi, inviati in Italia e in Francia per formarsi. E oggi sulle qualità di vini prodotte in Cina, nessuno ha obiezioni di rilievo da fare, anzi. Sono vini profumati, che appartengono a queste tipologie: cabernet sauvignon, blend di cabernet e chardonnay. Vini corposi, profumati, persistenti, equilibrati, e con ottime possibilità di invecchiamento. Molto simili ai vini francesi e alla loro caratteristiche.
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PRODUZIONE VINO CINESE
La fascia, come dicevamo, per il momento è alta. Una bottiglia costa, mediamente, 188 yuan, circa 25 euro, tre giorni di paga di un’operaia agricola che lavora alla vendemmia. Ma considerando la vastità del mercato interno, il disegno della lunga marcia del vino cinese è chiaro. Siamo ancora nella prima fase, quella del vino prodotto di nicchia, e nel giro di pochi anni, rossi e bianchi dovrebbero diventare consumi alla portata del crescente ceto medio cinese.
Infine, il vino è diventato parte integrante di un nuovo piano di sviluppo delle aree rurali del paese. Vi lavorano prevalentemente donne, ma l’obiettivo è quello di non spopolare le campagne, di attrezzarle con nuove produzioni che non siano soltanto cereali, e di renderle competitive per il mercato globale. La nuova agricoltura cinese sta così esplodendo sotto il segno del vino. E per le cantine italiane è un problema in più.
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