Stare a casa è sinonimo di protezione, intimità e sicurezza, a maggior ragione in un periodo, come questo, in cui il mondo fuori ci appare rischioso. Ma che succede quando l’ambiente domestico si tramuta in un inferno? Per molte donne, purtroppo, “restate in casa” non è un invito rassicurante, poiché vittime di abusi domestici. Il periodo di isolamento forzato può facilmente significare un peggioramento dei maltrattamenti quotidiani.
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VIOLENZA DI GENERE E CORONAVIRUS
Donne e bambini sono sicuramente le figure più sensibili: anche in tempi non sospetti esposte a dosi considerevoli di violenza domestica, psicologica e fisica. I numeri, anche pre-quarantena, sono da brividi: nella maggior parte dei casi, autore della violenza è il partner (56%), un altro familiare per il restante 10%, solitamente il padre o un fratello. Per tacere dell’80% circa della violenza “sommersa”, mai registrata, quindi invisibile.Un periodo così delicato come quello dell’auto-isolamento, dunque, rischia di inasprire la situazione, costringendo le donne a convivenze forzate con uomini violenti e ipercontrollanti.
Ipotesi confermata dal calo delle denunce per violenza e maltrattamenti dall’inizio della quarantena a oggi, dato facilmente spiegabile con la maggiore difficoltà per donne e minori di trovare una situazione calma e sicura in cui telefonare o contattare le istituzioni. Il timore è giustificato: a contatto 24 ore su 24 con mariti o compagni violenti, le donne non trovano facilmente il momento adatto per contattare carabinieri e polizia o i centri antiviolenza, spesso costrette a chiudersi in bagno tirando lo sciacquone anche per mandare un semplice messaggio.
In controtendenza, però, le cifre di chi si è rivolta in questo periodo all’Associazione D.i.Re (Donne in rete contro la violenza), che mette in rete più di 80 centri antiviolenza sparsi su tutto il territorio italiano. Sono ben 2.867 le donne che si sono rivolte ai centri della rete dal 2 marzo al 5 aprile: il 74,5 per cento in più, rispetto alla media mensile del 2018. 28% di loro per un primo contatto, con un incremento significativo da parte di donne che erano già seguite, poiché costrette a trascorrere la quarantena in casa con il maltrattante. Le maggiori richieste di aiuto sono arrivate da Lombardia e Toscana.
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VIOLENZA DOMESTICA DURANTE LA QUARANTENA
Di queste, solo il 3.5 % ha chiesto aiuto passando per il numero rosa 1522 a livello nazionale, uno degli strumenti di contrasto della violenza di genere. In questi giorni di lockdown, infatti, è stata attivata una chat di sostegno e supporto silenziosa, che permette di chiedere aiuto senza dare nell’occhio. Permette di chattare con un’operatrice in modo discreto ed efficace.
A fianco della rete dei centri antiviolenza è scesa anche l’Associazione Luca Coscioni, che ha sviluppato e lanciato un vero e proprio sistema di intelligenza artificiale che sa rispondere a dubbi e domande delle utenti sul tema della violenza di genere. CitBot, questo è il suo nome, è un servizio totalmente gratuito utilizzabile 24 ore su 24.
In alternativa, ci si può recare in farmacia e pronunciare il messaggio in codice: “Mascherina 1522”. Saranno tenuti a tenere in considerazione la richiesta di aiuto.
Gli effetti, drammatici, della pandemia sulle donne sono ravvisabili su scala globale: i casi di Brasile e Slovenia fanno tristemente scuola, e anche numerose star internazionali hanno deciso di dare il proprio contributo monetario al sostegno delle donne bloccate in casa col proprio aguzzino. Rihanna, per esempio, ha donato 4milioni di dollari a fondi di sostegno per le vittime di violenza di genere. Nel mondo l’86 per cento dei femminicidi sono commessi da partner o ex-partner, e la violenza di genere, ahimé, non va in quarantena.
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