Vita e opere di Mario Monti, il nuovo premier dell’Italia

Con una battuta, qualcuno lo chiama Super Mario. Ma in realtà Mario Monti, nato a Varese il 19 marzo 1943, non ha proprio nulla di quei personaggi della mitologia fumettistica, alla Batman per capirci. E’ un uomo fornito di grande aplomb, rigoroso come tutti gli studiosi tripla A, professore dalla cima dei capelli ai piedi, […]

mario monti

Con una battuta, qualcuno lo chiama Super Mario. Ma in realtà Mario Monti, nato a Varese il 19 marzo 1943, non ha proprio nulla di quei personaggi della mitologia fumettistica, alla Batman per capirci. E’ un uomo fornito di grande aplomb, rigoroso come tutti gli studiosi tripla A, professore dalla cima dei capelli ai piedi, titolare di un curriculum accademico a prova di bomba. La sua laurea, alla Bocconi ovviamente, risale al 1965, mentre la specializzazione è targata università di Yale, tempio americano dei grandi cervelli in formazione, dove Super Mario ha studiato con James Tobin, premio Nobel per l’Economia. Dall’anno in cui ha iniziato l’attività accademica, 1970, Monti non si è più fermato: prima a Torino, poi professore di Economia politica, direttore di istituto, rettore e presidente (alla morte di Giovanni Spadolini) della più potente università italiana, la Bocconi appunto.

Accanto agli studi, compresa l’attività di ricerca con la definizione di un modello che descrive il comportamento di una banca in regime di monopolio, Monti ha sviluppato due filoni di interessi molto specifici: l’Europa e la concorrenza. E così nel 1994, quando già si era parlato di lui come di un possibile candidato a qualche incarico di governo, il professore bocconiano doc si è ritrovato commissario europeo con deleghe strategiche come il Mercato Interno, i Servizi Finanziari, l’Integrazione finanziaria, la Fiscalità e l’Unione Doganale. E chi ha voluto, allora, questa delicatissima nomina? Silvio Berlusconi, nella sua prima e sfarinata esperienza di capo del governo. In seguito, Monti è stato sempre confermato come commissario europeo, fino al 2004, quando dopo dieci anni a Bruxelles venne sostituito da Rocco Buttiglione, respinto in modo strumentale dal Parlamento europeo, e da Franco Frattini, che poi diventerà ministro degli Esteri dell’ultimo governo di Berlusconi. A Bruxelles, tra i mandarini di quella Unione (europea) di nome ma non di fatto, Monti si è sempre mosso come alla Bocconi: con tatto, rigore, sapienza nelle alleanze umane e professionali. Ma anche con molta determinazione. Come quando, per esempio, ha scatenato la commissione europea contro l’americana Microsoft di Bill Gates, un potere globale e fortissimo, avviando un procedimento per le sue spericolate manovre molto poco limpide in materia di concorrenza sul mercato. Oppure quando si è opposto alla fusione di General Electric, un altro colosso del made in Usa, con Honeywell (anno di grazia 2001) considerandola in contrasto alle normative europee antitrust.

Terminata l’esperienza in Europa, Monti si è ritrovato membro di diritto di un ristretto club di italiani illustri,  forniti di reti lunghe sul piano internazionale, riveriti a destra ed a sinistra, che possono diventare ogni giorno qualcuno, in un governo, in Parlamento, al Quirinale. Rispetto a tante possibilità, Monti ha sempre mostrato un certo distacco, magari dissimulando bene le sue reali intenzioni, è si è concentrato nell’attività accademica, nel consolidamento della sua vocazione europeista (nel 2010 ha redatto, su incarico del presidente della commissione europea, un maxi Rapporto per il completamento del mercato unico europeo), in un lavoro continuo, come una goccia d’acqua che scorre sempre, a supporto delle sue idee e della sua crescente influenza. Quali idee? Le più importanti e attuali sono tre. La prima: in Italia innanzitutto, ma anche in Europa e nel mondo, c’è bisogno di più concorrenza, laddove prevalgono corporazioni e interessi troppo frammentati, come nel caso per esempio dell’universo professionale italiano. La seconda: l’Europa ha bisogno come il pane di uno scatto in avanti in termini politici, e non di un passo indietro che possa trascinarla alla rottura del patto che ha portato alla nascita della moneta unica, il traballante euro. E lo scatto significa più politica, cioè qualcosa che ci porti spediti verso gli Stati Uniti d’Europa, e ci faccia uscire, come Unione,  dal limbo, o dall’inferno, di un’alleanza troppo fragile e troppo confusa per avere un futuro e per scaldare i cuori delle nuove generazioni. Terza idea forte e recentissima: soltanto uno “sforzo bipartisan” (qui citiamo testualmente le sue parole) può consentire a un governo ed a un Parlamento italiano di prendere quelle misure impopolari che adesso sono diventate indispensabili per non finire nel buio di un viaggio senza ritorno. Attraverso il filtro di queste convinzioni è più facile capire la mossa di Giorgio Napolitano che, a sorpresa, ha nominato Monti senatore a vita. Non sappiamo se questo è il preludio a un governo Monti, non tecnico ma politico, oppure è solo un segnale chiaro e forte a chi deve capire. Ma una cosa è certa: l’investitura di Monti, tra gli italiani illustri che siedono fino al giorno della loro morte in Senato, è pienamente meritata da Super Mario, europeista mai scettico.  

 

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