VITALIZI DEI POLITICI ITALIANI
Poi diranno che soffiamo sul vento dell’antipolitica, che siamo profeti di demagogia, ma intanto proviamo a mettere in fila, una per una, tutte le bugie che il nostro ceto politico ha detto a proposito di uno degli sprechi più odiosi del Paese: i vitalizi. La prima bugia riguarda una presunta esiguità delle cifre in ballo, una balla smascherata dai calcoli più che attendibili dell’Inps: basterebbe una sforbiciata agli attuali vitalizi di parlamentari e consiglieri regionali per risparmiare 150 milioni di euro l’anno. Vi sembrano pochi?
Seconda bugia: il vitalizio non è un privilegio, ma il frutto di contributi versati nel corso dell’attività svolta come eletto nelle istituzioni. Falso. Tanto è vero che il Parlamento si continua a rifiutare di rendere pubbliche tutte le cifre dei versamenti versati dai singoli deputati e senatori, e lo stesso rifiuto arriva dai vari consigli regionali, dove intanto è stato perfino rimesso in discussione il taglio già approvato negli anni scorsi. Se ci fosse accesso a questi dati, come ha chiesto ancora una volta l’Inps, risulterebbe chiaro, caso per caso, chi ha versato contributi coerenti con il proprio vitalizio e chi invece ha vinto la lotteria a spese delle casse dello Stato.
Terza bugia: per eliminare i vitalizi serve una legge che non sia a rischio bocciatura da parte della Corte Costituzionale. E chi lo ha detto? In realtà, la stragrande maggioranza dei costituzionalisti ha chiarito che per intervenire su questa materia sarebbe sufficiente una modifica dei regolamenti parlamentari. Un provvedimento che, se ci fosse una vera volontà politica per eliminare lo spreco dei vitalizi, si potrebbe approvare in poche ore. Quarta bugia: senza i vitalizi, i politici rischiano di restare senza pensione. Al contrario, la maggioranza di coloro i quali incassano i vitalizi riceve anche una normale pensione Inps sulla base del lavoro svolto prima dell’elezione. Non solo. Questa seconda pensione è stata finanziata dai contributi «figurativi» pagati direttamente dall’Inps e non dai singoli politici. Quinta bugia: il vitalizio è una forma di protezione previdenziale per chi ha deciso di svolgere, come lavoro, l’attività politica. In realtà il vitalizio è una rendita, che ha tutti i connotati del puro privilegio.
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VITALIZI DI DEPUTATI E SENATORI IN ITALIA
Il vitalizio è un mostro dell’Italia sprecona e castale del quale godono ancora 2.406 ex deputati e senatori, ai quali bisogna poi sommare gli ex consiglieri regionali, altri beneficiari di questa tassa del privilegio. Il totale, dal punto di vista dei costi dello Stato, ammonta a oltre 400 milioni di euro, una cifra da capogiro se ci pensate. Tutto è stato consumato, per anni, applicando leggi scritte e approvate su misura, e con casi paradossali che da soli bastano a spiegare la gravità del misfatto. Gli ex radicali Pietro Craveri e Luca Boneschi, per fare un esempio, per un solo giorno in Parlamento finora hanno incassato 500mila euro a testa, e la testa cifra è andata sul conto corrente del loro collega Angelo Pezzana per cinque, gloriosi giorni di attività alla Camera. L’elenco di un diritto acquisito “vita natural durante” è lungo e arriva fino a quelli che sulla morale in versione demagogica hanno costruito la loro fortuna di uomini politici, come nel caso dell’ex leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro (3.992 euro al mese). E il meccanismo, una volta rodato a Roma, si è allargato a macchia d’olio in tutta la penisola: la regione Sicilia garantisce ancora 117 assegni di reversibilità (al costo di 6 milioni di euro l’anno) a parenti che hanno ereditato dall’ex consigliere il ricco privilegio. Natale Cacciola è stato deputato regionale per appena tre anni alla fine degli anni Quaranta, il suo partito, i monarchici, è scomparso da decenni, ma il suo vitalizio è andato prima alla moglie e continua ad essere percepito dalla figlia Annamaria.
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COSA SONO I VITALIZI
Il vitalizio, come ho detto, è una rendita che, in tanti casi, si somma proprio all’assegno previdenziale. Con assegni astronomici. Quando Giuliano Amato è stato nominato giudice della Corte Costituzionale, nel settembre del 2013, si è scoperto che percepiva ogni mese 9 mila euro di vitalizio come ex parlamentare e altri 22mila euro per le sue pensioni. In totale 31mila euro lordi al mese, ai quali si sarebbe sommato lo stipendio (360mila euro l’anno) di giudice costituzionale se Amato, saggiamente, non avesse rinunciato alla sua pensione. Fermo restando che quando lascerà la Consulta, l’ex presidente del Consiglio avrà diritto a un altro assegno previdenziale, da ex giudice costituzionale, di 15.400 euro al mese. E gli italiani pagano.
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